5 suggerimenti per la visione di Halloween
Che Rob Zombie sia un regista fuori dal comune appare ovvio fin dalla prima volta in cui si percepisce il suo nome, ovvio indizio che non vedremo mai una sua virata verso la commedia romantica come fu per il compianto (almeno registicamente) Wes Craven.
1° suggerimento gratuito – non guardate per alcuna ragione La musica del cuore.
Fondamentale è anche conoscere il background da cui Rob Zombie proviene, ovvero il mondo dell’industrial metal nel quale i suoi White Zombie sono stati assoluti padroni per oltre un decennio.
2° suggerimento gratuito – ascoltate a tutto volume Astro-Creep: 2000, forse il loro album migliore.
Inoltre è opportuno sapere che Rob Zombie, al secolo Robert Bartleh Cummings, classe 1965, ha dichiarato di ispirare il proprio aspetto a quello del serial killer Charles Manson. Ogni elemento che traspare dalla biografia di Rob Zombie lascia immaginare un’adolescenza trascorsa tra band di heavy metal e lunghe notti passate davanti allo schermo televisivo a vedere (e rivedere in modo ossessivo) ogni tipo di film horror, dai classici come La cosa da un altro mondo di Howard Hawks fino alla peggior pellicola di serie-z degna di essere proiettata in un drive-in da quattro soldi uscito dalla mente contorta di Joe R. Lansdale.
3° suggerimento gratuito – correte in libreria a cercare La notte del drive-in.
Non troppo diversa deve essere stata l’infanzia di aspiranti (finti) serial-killer come Marilyn Manson, o di quelli veri come lo stesso Charles.
La filmografia di Rob Zombie è breve, ma lascia trasparire molto della sua poetica autoriale, sempre che i Cahiers du Cinema mi lascino passare l’espressione. Un esordio (La casa dei mille corpi), un capolavoro precoce (La casa del diavolo) e un remake (Halloween – The Beginning) attraverso cui traspare in modo evidente la sua insopprimibile passione cinefila, seconda solo a quella musicale.
4° suggerimento gratuito – guardate e riguardate la scena finale di La casa del diavolo nella quale Freebird dei Lynyrd Skynyrd vola per tutti i suoi quattordici minuti di durata, in un epilogo fra i belli degli ultimi anni.
Rob Zombie dimostra il suo amore spassionato per la creatura che fu di John Carpenter nel 1978, ne riconosce la grandezza rivoluzionaria e lo omaggia in ogni inquadratura. La sceneggiatura rimane fedele all’originale, promette di svelare le origini ma aggiunge solo un poco di spessore al rapporto fra il giovane Mike e lo psichiatra Samuel Loomis (Malcom Mc Dowell che sostituisce lo scomparso Donald Pleasance). Rob Zombie sa però quando tirare il freno e sceglie di incupire la regia con una fotografia sporca, inquadrature diagonali e insolite, fuochi variabili ma non osa mai mettersi nei panni di Carpenter ed evita ogni soggettiva dal punto di vista dell’assassino.
Halloween fu una rivoluzione per l’America perbenista, pronta a entrare nell’epoca dell’edonismo reaganiano: l’idea di identificare il punto di vista dello spettatore all’interno della logora maschera del Capitano Kirkche nasconde il viso di Mike fu una scossa nell’intimo dell’immaginario collettivo di una nazione che si credeva ancora pura.
Halloween di Rob Zombie da questa prospettiva non è un remake, ma un accorato omaggio a Carpenter e agli altri maestri dell’horror e dello slasher, nato nel 1974 con Black Christmas di Bob Clark.
5° suggerimento gratuito – per gustare di più la seconda visione di Halloween – The Beginning di Zombie, invitate tutti i vostri prossimi a cogliere quante citazioni, omaggi e camei di attori di celebri film horror riuscite a scovare, impossibile enumerarli tutti.
A cura di Carlo Prevosti
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