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cultura dell'immagine e della parola

Daniele Luttazzi – Decameron

Fuoco e fiamme, fuoco e fiamme!
Luttazzi, l’incendiario, è tornato.
Inevitabilmente su La7, che garantendo autonomia ai suoi artisti – e spendendo un miliardesimo di quello che investe la Rai per un qualsiasi carrozzone trash di prima serata – si sta dotando di un roster scintillante (Ferrara, Bignardi, Crozza, Boncompagni e Paolini, solo per citare qualche nome). Purtroppo in una posizione di palinsesto drammatica per i giovani che rappresentano una buona fetta del suo pubblico: bisogna essere vecchi dentro o critici televisivi di Hideout per starsene davanti alla Tv il sabato sera alle 23,30 (fortunatamente io sono entrambe le cose). Ma tant’è. Dopo averlo desiderato per sei anni, ora ce lo possiamo anche prendere all’ora infausta.

Che dire di questo Decameron? Terminata da poche ore la visione della prima puntata, e prima che scattino le prevedibili polemiche, si può tranquillamente scrivere che Luttazzi non ha deluso né i suoi ammiratori né i suoi detrattori. Ciascuno ha avuto ciò che desiderava. I fan hanno assistito a una delle più grandiose tempeste satiriche che il teleschermo abbia mai mostrato, una prova magistrale di intelligenza autoriale e padronanza dei tempi comici. Ai nemici del guastatore romagnolo sono stati invece consegnati tutti gli appigli necessari a massacrarne l’operato e a invocarne un nuovo esilio: la volgarità, il cattivo gusto, la blasfemia e compagnia bella. Lo stesso Luttazzi, d’altra parte, non può che dirsi soddisfatto, vista la quantità di sassolini che ha potuto estrarre dalle proprie scarpe, a partire dall’attacco ai giornalisti ostili per arrivare all’evocazione di una storia di sesso con la allora minorenne figlia di Berlusconi (uno schiaffo secco sulla faccia del nemico di sempre).

Luttazzi, grazie al cielo, non è Beppe Grillo. A differenza dell’ex-collega, lui non fa politica attiva. Questa dovrebbe essere una buona polizza preventiva rispetto alla cronica immaturità italiana che potrebbe spingere i commentatori a farne un simbolo, promuovendolo a intellettuale o, all’opposto, additandolo come un’incarnazione demoniaca. Il fatto che Decameron non contenga passaggi giornalistici ma solo gag e monologhi dichiaratamente satirici (e qui è bene sottolineare che la satira pur rifacendosi all’attualità NON è cronaca) rappresenta la migliore occasione per provare a valutare lo showman santarcangiolese semplicemente per quello che è. Non l’uomo che ci tirerà fuori dalla merda ma nemmeno colui che la merda ci convincerà a mangiarla. Semplicemente un autore satirico capace di fare il suo mestiere, utilizzando i meccanismi della comicità e della provocazione per offrire al pubblico la propria visione del mondo. Giusta o sbagliata che sia.

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