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Il lato scuro della luna

Il lato scuro della luna

Evento speciale alla 64° Mostra del Cinema, Dall’altra parte della luna viene descritto come un rockumentary sui Negramaro, seguiti dai due registi Dario Baldi e Davide Marengo a Los Angeles, durante la registrazione del loro nuovo album La finestra. Sarà che la memoria ritorna a Il rockumentary, Gimmi Shelter di Albert e David Maysles (per carità, i Rolling Stones e il 1970 sono un gruppo e un anno di totale epicità rocchettara), ma vedendo Dall’altra parte della luna viene voglia di essere dall’altra parte del palazzo, davanti a qualsiasi altro film. La sindrome è nota, la forma del racconto on the road si trasforma in un videoclip promozionale, saturo di immagini sparate che zompano di qua e di là sullo schermo, inarrestabili e insensate.

Musica sentita più che vista purtroppo, in versione live, recorded, unplugged, acustic, track by track. Una musica di cui non si vede la nascita e il respiro, che sembra nata morta, che non passa. Musica schiacciata da immagini frenetiche, smontate più che montate, tra avanti veloce, sovrapposizioni, digitale sgranato, bianchi e neri, colate di colore sovraesposto.
Un insieme di forzature visive sopra un racconto sceneggiato, sembra, con troppa freddezza e puntualità: non c’è vicinanza tra la macchina da presa e il gruppo, le passeggiate lungo le strade losangeline sono strutturate come un set fasullo, viene persa ogni verità nello studio di registrazione e l’occhio non riesce a penetrare oltre il vetro che separa chi fa musica da chi la musica la guarda soltanto.

Persino Cherubini appare nel film (il suo è praticamente un cammeo, ma che pesa come se in un film di Pieraccioni recitasse Bertolucci), come a tutelare la genuinità del progetto. Ma rimane solo, alla fine, la delusione per un’occasione mancata, che avrebbe potuto essere tutta italiana.

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