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cultura dell'immagine e della parola

Cronache da Venezia
30 agosto

James McAvoy e Keira Knightley sulla passerellaKitano bum-bum non è il nome di un free drink che spacciano al Lido in occasione della Mostra, ma il titolo che l’intruso avrebbe dato all’ultimo film di Takeshi Kitano, Kantoku banzai! Il bum-bum se l’è giocata con: Apocalypse Kitano, Neverending Kitano e Ki(?)Tano. E questo dovrebbe già dire molto sul (non) prodotto creato dalla mente del mitico beat Takeshi. Un collage di sfottò incredibile si sussegue, intrecciando e destrutturando, defraudando e demolendo ogni parvenza di cinema giapponese e non. Nel pieno di una crisi artistica, il prode eroe beat Takeshi se ne va in giro col suo alter ego pupazzoide alla ricerca di un nuovo soggetto da realizzare, ma i numerosi e inutili tentativi lo porteranno al delirio (onirico e fisico) con tanto di autoesplosione conclusiva. Questo è stato l’inizio della Mostra 2007. Un delirio dal cui finale emerge quel Glory to the Filmaker (che sarà il titolo internazionale) messaggio in codice che introduce lo spettatore a un’edizione piena zeppa di calibri da novanta. E infatti, non a caso, la giuria è composta tutta da registi: Yimou, Crialese, Ozpetek, Verhoeven, Inarritu, Campion, Breillat. E poi gli Altri, quelli in Concorso, oppure solo gli invitati d’onore. Da Woody Allen a Romher e Chabrol, da Gitai a De Oliveira, da Haggis a Kechiche, da De Palma a Ang Lee e Wes Andersson. Gli italiani Marra, Porporati, Guzzanti, Maira, le nuove leve, gli sconosciuti, l’Oriente, i doc, i corti e poi Tim. Tanti fuochi d’artificio pronti a far brillare gli occhi. Pronti a emozionare. L’intruso ha tre nomi, ma non dice nulla di nuovo: Wes Anderson, Abdellatif Kechiche, Paul Haggis.

Il Concorso è iniziato su alte frequenze. Il film d’inaugurazione, Atonement di Joe Wright (tratto dal romanzo di Ian McEwan), sotto i riflettori per la scarna e bellissima Keira Knigthley, ha raccolto molti applausi e fatto scendere, di sicuro, qualche lacrima. Wright gestisce bene l’alternanza di punti di vista della narrazione e crea intorno alla storia d’amore tra Cecilia Tallis e Robbie Turner, un melodramma di intrecci e colpi di scena raffinato e coraggioso. Botteghino dolce e intelligente.
Ang Lee, invece, è sempre Ang Lee. Ovvero un regista capace di grandi e precise ricostruzioni sceniche, un autore di generi, un disegnatore di profili umani. Con Se, jie (Lust Caution) l’autore di Hulk e Brockeback Mountain racconta la Shangai degli anni Quaranta in un fitto mescolarsi di spie, sesso, amore, tradimenti, crimini efferati. Un film duro e amaro che offre una nuova variazione dell’amore (a dirla tutta, non proprio originale) fatto di convinzioni inaspettate e da scoprire. Le ombre dell’amore.
E poi Branagh e il suo Sleuth, con il piacevole ritorno di Michael Caine (l’anno scorso nei panni del geniale hyppie di Cuaron in Children of Men) e Jude Law. Il regista irlandese costruisce il remake di Gli insospettabili di Mankiewicz del 1972, offrendo uno spassosissimo e tesissimo duello psicologico tra Caine e Law in piena forma (soprattutto Caine), giostrando con equilibrio, arguzia e humor le costrizioni dello spazio. Giochi di luce, pistole e coltelli.

Appunti
Meno tre giorni per Hotel Chevalier.
Meno sei per Tim Burton’s Day.
Meno nove per l’intruso sul treno.

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