Monografia – Samuel Bayer
American Idiot e il loro Bullet in a Bible.
I stage music
Playback, croce e delizia dei registi di videomusica, passaggio obbligato che spesso semplifica le cose, ma le impoverisce anche. Ma per Bayer non sembra solo una necessità obbligata: sembra essere il momento in cui la personalità del musicista deflagra. Bayer è lì in quel momento a catturare questa unicità, questo momento magico in cui il suono si sovrappone allo spettacolo, mescolandosi con l’identità intima del performer e con le sue maschere da show biz.
Così osserva, esibisce dettagli e sfuoca parti d’insieme, sbircia e ruba, esalta bellezze, trova sguardi, ingrandisce con l’occhio della macchina da presa: allora Tyler (Aerosmith) diventa un cappellaio matto dalla bocca larga in Sunshine, il kilometrico Julian Casablancas degli Strokes è l’ultimo a scomparire nel petrolio di You Only Live Once (loro muoiono quando muore la loro musica, un playback definitivo, una performance che ambisce ad annullare la sua intrinseca falsità con una promessa: “Guardate, sono finiti sotto, non potranno mai più cantarla per finta“), per i Papa Roach di Time and Time Again la Bullet in a Bible dei Green Day.
Il corpo del musicista è luogo di desiderio e di bellezza, è un mondo costruito (il David Bowie di Strangers When We Meet e di The Heart’s Filthy Lesson) che si apre alla vista, che si lascia guardare, con vanità e compostezza formale, come un oggetto in una cristalliera, ma anche in modo molto diretto, come mettesse in scena il disvelamento della sua personale e intima identità.
Come i My Chemical Romance in Famous last word, che vengono spiati fino alla fine, oltre la finzione dello stage: Way da scalmanato frontman sbatte gli occhi pesti e guarda dentro la macchina da presa di Bayer che non distoglie lo sguardo, ma lo acuisce, stringendo oltre la finzione della videomusica, nel momento in cui rimane nel luogo del playback solamente lo scoppiettio del fuoco e lo sguardo preoccupato del batterista Bob Bryar che si osserva un polpaccio ustionato.
Il fuoco, la croce e l’angelo « Cannes: giorno 2
Holiday, alle strade solitarie di Boulevard of broken dreams, alle spighe di Wake me up when september ends, al capannone distrutto di American Idiot. E ai 14 minuti di Jesus of Suburbia, dove i luoghi e le sensazioni cantate dai Green Day si sono sposate con la poetica di Bayer.
Un giovane punk (che per alcuni versi ricorda tanto Billie Joe e che nel supermercato copia cita il video degli Smashing Pumpkins 1979 diretto da Jonathan Dayton and Valerie Faris ), un angelo dannato, che si muove tra angusti party allucinogeni, desolati
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Fincher e Mungiu