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cultura dell'immagine e della parola

Monografia – Samuel Bayer

<i>Nirvana – Smell like teen spirit</i>” />Nel 1991 i Nirvana esplosero con <em>Nevermind</em> e Samuel  Bayer imprigionò l’icona di Kurt Cobain in una nuvola di polvere rossa, in un circo stanco e vecchio, già a pezzi nella serata di maggior successo. <em>Smells like teen spirit.</em><br />
Bayer è riuscito a raccontare una canzone, un gruppo, ciò che stava diventando simbolo del musicista geniale e disperato con <strong>intensa corporeità, con nuda intimità, faccia a faccia con il performer, con la sua essenza.</strong> Una tinta che Bayer ha perfezionato e raffinato, creando alcuni dei più importanti videoclip musicali degli anni ’90. Per poi sfociare nel capolavoro insieme ai Green Day con tutto <em><A href=American Idiot e il loro Bullet in a Bible.

I stage music
Playback, croce e delizia dei registi di videomusica, passaggio obbligato che spesso semplifica le cose, ma le impoverisce anche. Ma per Bayer non sembra solo una necessità obbligata: sembra essere il momento in cui la personalità del musicista deflagra. Bayer è lì in quel momento a catturare questa unicità, questo momento magico in cui il suono si sovrappone allo spettacolo, mescolandosi con l’identità intima del performer e con le sue maschere da show biz.

Così osserva, esibisce dettagli e sfuoca parti d’insieme, sbircia e ruba, esalta bellezze, trova sguardi, ingrandisce con l’occhio della macchina da presa: allora Tyler (Aerosmith) diventa un cappellaio matto dalla bocca larga in Sunshine, il kilometrico Julian Casablancas degli Strokes è l’ultimo a scomparire nel petrolio di You Only Live Once (loro muoiono quando muore la loro musica, un playback definitivo, una performance che ambisce ad annullare la sua intrinseca falsità con una promessa: “Guardate, sono finiti sotto, non potranno mai più cantarla per finta“), per i Papa Roach di Time and Time Again la <i>David Bowie – The Hearts Filthy Lesson</i>” />musica suonata diventa una vera e propria incursione armata da live. E poi: Bayer cattura l’energia live degli <strong>Offspring</strong> in <em>Gotta Get Away</em>: l’occhio è per il pubblico, sul quale si riversa ogni nota, che mette in scena la sua personale performance di spintoni, salti, mani alzate, delirio. <strong>Una passione palpabile per il momento live</strong>, che ha avuto il suo momento più alto in quel film – rockumentary che è <em><A href=Bullet in a Bible dei Green Day.
Il corpo del musicista è luogo di desiderio e di bellezza, è un mondo costruito (il David Bowie di Strangers When We Meet e di The Heart’s Filthy Lesson) che si apre alla vista, che si lascia guardare, con vanità e compostezza formale, come un oggetto in una cristalliera, ma anche in modo molto diretto, come mettesse in scena il disvelamento della sua personale e intima identità.
Come i My Chemical Romance in Famous last word, che vengono spiati fino alla fine, oltre la finzione dello stage: Way da scalmanato frontman sbatte gli occhi pesti e guarda dentro la macchina da presa di Bayer che non distoglie lo sguardo, ma lo acuisce, stringendo oltre la finzione della videomusica, nel momento in cui rimane nel luogo del playback solamente lo scoppiettio del fuoco e lo sguardo preoccupato del batterista Bob Bryar che si osserva un polpaccio ustionato.

Il fuoco, la croce e l’angelo
<i>Iron Maiden – Wasting Love</i>” />Epica e profanatrice, la videografia di Bayer si muove tra immagini ricorrenti che segnano inevitabilmente una poetica di grandi conflitti.<br />
 Il fuoco di <em>Wasting love</em> degli <strong>Iron Maiden</strong> è il peccato che brucia, l’estetica del metal che silenziosamente divampa. Il fuoco sta in mezzo, sta tra il vescovo che, croce alla mano,  giudica, condanna e trascina all’inferno l’uomo, e il piccolo angelo, che osserva quell’uomo, accarezzando e consolando la sua pena scritta sulla pelle.</p>
<p><strong>Il potere del fuoco</strong> è quello di mondare e di devastare: più dell’acqua, il fuoco arde ogni cosa e la purifica, segno di disperazione e di cambiamento, illumina un momento di rivelazione, dopo il quale nulla sarà più come prima.<br />
<strong>Così la croce è un segno-bersaglio:</strong> moltissimi musicisti nei video di Bayer assumono quella posizione, con le braccia allargate, diventando figure liberate e contemporaneamente in pericolo, senza possibilità di difesa. Ma la croce è anche il gesto della massima esposizione allo sguardo, della massima visibilità, un’offerta di spettacolo e morte, di sacralità sovrumana: una canzone diventata simbolo grazie ai segni del suo video è <em>Zombie</em> dei <strong>Cranberries</strong>, dove Dolores O’Riordan canta d’orovestita sotto una croce attorniata da cupidi.<br />
<strong>E gli angeli,</strong> come quello vecchio di <em>I Can’t Be With You</em>, (<strong>Cranberries</strong>), sono spesso solo donne o uomini che non portano salvezza, ma vagano senza volare, cercando un luogo migliore (forse la più bella creatura alata di Bayer è la piccola ape di <em>No rain</em> dei <strong>Blind Melon</strong>).</p>
<p>Così l’incontro con il <strong>Marilyn Manson</strong> di <em>  Disposable teens original</em> e di <em>Coma white</em>, l’estetica funerea per eccellenza, dove Bayer [img4]esprime la sua visione sporca e dai colori invecchiati, insieme a una composizione patinata dell’immagine, dove le croci diventano ambiente e dove l’angelo è solamente una vecchia Marylin Monroe (<em>Coma white</em> in particolare, con la sua parata mortuaria, viene ripreso in <em>The Black Parade</em> dei <strong>My Chemical Romance</strong>,  dove la cenere si sostituisce ai coriandoli, dove le croci diventano teschi  e Marilyn Manson si trasforma nella più rassicurante e bionda  figura di Gerard Way).</p>
<p><strong>Una purezza sempre contaminata, un angelo che non vola, una  croce che non germoglia:</strong> un matrimonio senza sacralità che finisce per essere toccato dal fuoco quello nel video di <strong>John Mellencamp</strong>, <em>Your Life Is Now</em>; un fuoco tondeggiante che segna la morte per la traditrice di <em>What Goes Around Comes Around</em> di <strong>Justin Timberlake</strong>; una sacralità demoniaca quella di <em>Until it sleeps</em> dei <strong>Metallica</strong> (video ispirato ai quadri di Hieronymous Bosch), dove la croce e le immagini divine non consolano, ma ricordano all’uomo il suo peccato originale incancellabile. </p>
<p><strong>Suburbia</strong><br />
Luoghi abbandonati, stanze-rifugio lontane da ogni civiltà, ambienti senza nome, ma che parlano di solitudine e abbandono, di scarto e di una fine imminente.<br />
<strong>L’oltre cittadino è il luogo privilegiato</strong>, capannoni, fabbriche, stanze, strade sfatte, insomma, <em>periferia</em>. Un luogo che è lontano da tutto, comunque via da qui. Per gente persa, senza speranza e sola. I luoghi nella videografia di Bayer sono sempre stati <em>Boulevard of broken dreams.</em><br />
<i><TABLE align=right cellpadding=3 border=0><TR><TD align=center valign=center><img src='articoli/blink.jpg' alt='<br /><i>Blink 182 – Stay together for the kids</i><br />‘><br /><i>Blink 182 – Stay together for the kids</i><br /></TD></TR></TABLE></i><br />
Sono le storie degli ultimi, di quelli che sono rimasti lontani, tra sporcizia e spazzatura. <strong>Spazzatura che esce dalla pellicola e ci finisce sopra</strong>, in quel modo tipico di Bayer, che tratta i fotogrammi con bruciature di sigarette e graffi (un esempio per tutti <em>Stupid girl</em> dei <strong>Garbage</strong>, appunto.) Tutti luoghi dell’oltre (-città, -vita, -tempo, -realtà, -show): la casa della folle Juliette Lewis in <em>Come to my window</em> di <strong>Melissa Etheridge</strong>, le cave di <em>Bullet With Butterfly Wings</em> (<strong>Smashing Pumpkins</strong>), i paesaggi campestre/desertico in <em>Ode to my family</em> (<strong>Cranberries</strong>), di <em>Home</em> di <strong>Sheryl Crow </strong>e di <em>Just Another Day</em> (<strong>John Mellencamp</strong>), l’improbabile piattaforma sul nulla di <em>Dig in</em> (<strong>Lanny Kravitz</strong>), la casa in demolizione di <em>Stay together for the kids</em> dei turbati <strong>Blink 182</strong>…<br />
<strong>E quando La Città c’è, è la più grande e improbabile, è una New York dell’impossibile</strong>, dai grattaceli di <em>I saw the light</em> (<strong>The The</strong>) alle mostruose identità di <em>Anybody seen my baby</em> dei <strong>Rolling Stones</strong>, dalla decadenza di <em>Angels</em> di <strong>Robbie Williams</strong> (ma potrebbe essere una qualsiasi città malfamata), ai marciapiedi di <em>Heart In A Cage</em>, degli <strong>Strokes</strong>.</p>
<p>Un percorso che ha portato alla festa malata di <em><A href=Holiday, alle strade solitarie di Boulevard of broken dreams, alle spighe di Wake me up when september ends, al capannone distrutto di American Idiot. E ai 14 minuti di Jesus of Suburbia, dove i luoghi e le sensazioni cantate dai Green Day si sono sposate con la poetica di Bayer.
Un giovane punk (che per alcuni versi ricorda tanto Billie Joe e che nel supermercato copia cita il video degli Smashing Pumpkins 1979 diretto da Jonathan Dayton and Valerie Faris ), un angelo dannato, che si muove tra angusti party allucinogeni, desolati

<br /><i>Green Day – Jesus of Suburbia</i><br />‘><br /><i>Green Day – Jesus of Suburbia</i><br /></TD></TR></TABLE></i>fuochi accesi sotto qualche ponte, una casa senza calore e un gabinetto pubblico che è il suo intimo segreto (addirittura, la sua anima?). <strong>Tra rabbia e solitudine, tra disperazione e mancanza d’amore, tutti i ragazzi del video sono <em>Gesù di periferia</em>, inchiodati al loro destino per i loro peccati e per quelli dei loro genitori, con le stimmate alle mani e un desiderio frustrato di volare.</strong><br />
Bayer sublima le sue visioni, o le condensa, e spariscono i suoi simboli distintivi: persino il <em>live </em>di <em><A href="http://www.hideout.it/index.php3?page=notizia&id=1807" class=titolo>Bullet in a Bible</A></em> diventa cosa da tv, rimpicciolito e incastrato in una scatola, esattamente come il protagonista è rinchiuso nei suoi luoghi oscuri. Lui, piccolo demonio di fuoco, diventa l’angelo di se stesso, liberandosi dalla condanna scritta su quei quattro muri e tenendo nascosta dentro di sé la sua croce. </p>
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					<em>A cura di Francesca Bertazzoni</em><br />
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