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Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi

Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi

Cibo e amore possono tramutarsi in grande cucina e stabilità affettiva? Quali sono gli ingredienti, a tavola e nei sentimenti, che una volta amalgamati riescano a comporre il menù perfetto?
L’ultimo film da regista di Simona Izzo ha l’ambizione di trovare questa risposta. Per farlo si affida alla storia di un uomo che di mestiere fa lo chef, ma che non riesce a trovare la ricetta giusta per la sua vita. Un po’ didascalico? Sicuramente si.
Le buone intenzioni ci sono, ma tutto l’impianto della storia e i personaggi hanno un sapore, come dire, “vecchio stile”. Il protagonista conquista le donne con la frase «Lei si chiama come mia madre», che farebbe infuriare qualunque giovin donzella. Molti dialoghi sono forzati, se non assurdi: «Io sono una donna bipolare» dice Stefania a Davide, continuando poi con: «Ma tu che ne sai! Tu sei un uomo basico». Per non parlare del monologo di Diletta, la madre del protagonista, che lancia perle di saggezza come «una donna a un certo punto si vuole sposare, chi c’è, c’è» oppure «Perché piango? Piango. Le donne piangono».

La famiglia Izzo-Tognazzi, soprattutto quando è Simona a stare dietro la macchina da presa, tende a inserire molto di sé nelle proprie opere. Un narcisismo ostentato che alla lunga risulta fastidioso, perché, se l’aver messo sul comodino del protagonista la biografia di Ugo Tognazzi può essere preso come un sentito omaggio, l’inserimento a sproposito della canzone “se telefonando”, scritta da Maurizio Costanzo, ex della regista, risulta davvero troppo.
L’unico vero grande colpo di scena del film, e non parlo di quello finale, che per inteso c’è, ma che risulta alquanto “telefonato” (se perdonate la battuta), è quello di vedere Luca Zingaretti con i capelli. La storia si svolge nel corso di dieci anni e all’inizio il caro chef Davide propone una bella, seppur corta, chioma castana.

Tra le donne della sua vita, da sottolineare la bella, se pur non memorabile, prova di Rosalinda Celentano. Ha poche scene, ma la sua presenza risulta misurata e contenuta, ma fisicamente molto forte, a differenza di Michela Cescon che straborda da ogni inquadratura: urla, si dimena, piange, risultando sempre sopra le righe. Ne esce bene anche la prezzemolina Vanessa Incontrada, sempre più a suo agio davanti alla macchina da presa e che, ancora una volta, accetta di mostrare il suo bellissimo corpo.
In questo periodo, così affollato di cuochi televisivi e di ricette al telegiornale, è possibile che questa storia possa risultare gustosa per certi palati, ma il menù finale è alquanto “instabile”, per parafrasare il titolo della canzone di Nek, brano portante della colonna sonora.

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