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La Francia del vino e delle femmes fatales

Dal più recente romanzo dello scrittore Peter Mayle, pubblicato in Italia da Garzanti nel 2005, Ridley Scott trae ora la sua versione. E’ l’opera più francese di questo regista: ambientato nella collinare Provenza e con cast madrelingua, fatta eccezione per la musa Russell Crowe.
Il film parte con due stonati assoli: il protagonista del libro, Max Skinner, è un trentenne manager londinese con problemi economici e lavorativi; Russell Crowe invece è uno squalo in piena regola del mercato azionario, bello bravo e tronfio nella sua stronzaggine. Uno và in Provenza a rintanarsi nello chateau ereditato dallo zio, defunto da poco; l’altro per vedere quanti soldi possa ricavarci e soprattutto per pavoneggiarsi, con i colleghi della City, di un weekend tra vigneti e belle degustatrici di vino.
Il secondo punto d’incertezza è udire le solenni note di Moi Lolita all’arrivo di Crowe in Provenza. Viene quasi da pensare: cosa sarebbe la Francia senza Alizee? Fortunatamente la colonna sonora poi si risolleva verso toni più moderati, con musica francese anni cinquanta e sessanta e con brillanti pianoforti jazz.

Peter Mayle non è solo romanziere: i suoi libri fanno anche pubblicità, dal punto di vista enogastronomico e artistico, alla Provenza, dove egli stesso vive. Così, come d’abitudine, nel libro celebra la cucina e il buon vino, evidenziandone il potere simbolico e ancestrale.
Ridley Scott dal canto suo si dedica con meno fervore all’esaltazione della Provenza, ma propone con maestosità – nella colonna sonora così come nelle inquadrature – i bei paesaggi della zona vinicola del Luberon. Assottigliando i campi lunghi sui morbidi orizzonti, la macchina da presa ha un occhio riposante sulla geografia dei luoghi e dei personaggi. Il presente del protagonista è addolcito con numerosi flash-back alle sue passate estati nello chateau, tra giochi segreti e scoperte verso l’età adulta, con l’aiuto e i consigli dello zio gentleman e donnaiolo.
Le donne sono in entrambi i lavori ben presenti; sono dotate di forte potere ammaliatorio e di una carica erotica, metà innocenza e metà altera ritrosia, che solo le francesi posseggono.

E’ interessante come sia Peter Mayle sia Ridley Scott presentino un’insistita, ma innocua, contrapposizione tra cultura francese e inglese: questa è fonte spesso di comiche liti e incomprensioni sulla condotta di vita spensierata e godereccia per i cisalpini, più morigerata e squadrata per gli anglosassoni. Viene ritratta, attraverso le due fattezze del protagonista – londinese e provenzale, manager e viticoltore – l’anima frenetica e asociale della società contemporanea. Che in questo caso viene sconfitta da quella più meditata e riflessiva del piccolo borgo di campagna, in cui, a tener compagnia, ci sono solo pettegolezzi e tenere beghe di condominio.
Il film, ma ancora di più il libro, racconta tutto a tinte tenui, senza mai calcare la mano: l’amore, l’amicizia, la piccola truffa, il sesso, tutto è incluso con equità e trattato con una leggerezza palpabile. Il risultato è un prodotto che lascia l’invitante scia di una pura e semplice godibilità.

Un’ottima annata, romanzo di Peter Mayle, 2005
Un’ottima annata, regia di Ridley Scott, 2006

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