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La vera Natura dell’Uomo

La vera Natura dell’Uomo

Coraggio o pazzia?
Esistono uomini e donne, soprattutto nella storia recente “dell’estremo”, saliti alla ribalta delle cronache per le loro imprese, capaci di dividere l’opinione pubblica al pari dei più scottanti temi politici o religiosi: tra loro figura senza dubbio alcuno Tim Treadwell, per tredici lunghe estati vissuto a contatto dei selvaggi grizzly, predatori tra i più feroci della fauna nordamericana. Recentemente (settembre 2006) è scomparso un altro famosissimo, controverso naturalista che, soprattutto nel modo di rapportarsi al mondo animale, ricordava l’approccio di Treadwell: l’australiano Steve Irwin, passato agli onori delle cronache per imprese ad alto rischio con rettili di ogni specie. Per entrambi l’interazione con l’animale, dal più innocuo al più pericoloso, avveniva attraverso una sorta di invasione pacifica, tradotta dallo stesso protagonista del documentario nella definizione di “guerriero gentile”, ovvero un modo di imporsi, con gesti e voce, atto a non turbare gli equilibri emotivi spesso molto fragili delle creature di fronte a lui.
Tim Treadwell, dopo anni passati ad accarezzare la morte sul muso dichiarandole il proprio amore, è stato ucciso proprio da uno degli orsi che tanto aveva lottato per proteggere: quando il confine si rompe, anche le posizioni più nette paiono confondersi. Distinzioni scandite con razionale precisione dall’occhio clinico di Herzog, che alterna condanne nette e rancorose ad amorevoli ricordi, tradizioni antiche apparentemente violate a lodi per l’operato e il coraggio di quello strano uomo dai capelli d’oro vissuto sul filo, in bilico tra due mondi. Allo stesso modo il suo lavoro meticoloso di documentazione (più di cento ore di filmati) è filtrato dal cineasta tedesco come un conflitto fra le sue nature di regista e attore, specchiandosi negli splendidi momenti catturati da Treadwell come le carezze alle volpi o la lotta tra i grizzly, e rivedendo nel furore polemico del naturalista verso i guardaparco colpevoli delle troppe concessioni a turisti e bracconieri le sfuriate senza controllo del suo “miglior nemico” Klaus Kinsky.
Un percorso, dunque, che non guarda all’esterno, come si sarebbe portati a credere, ma a una lotta, un conflitto, una ricerca tutta interiore, di un Uomo che, lontano dalla Sua civiltà, si specchia nella Natura alla ricerca di un più profondo concetto di Sé come individuo.

Il volto della Natura
Werner Herzog, nel corso della sua personale storia di regista, ha attraversato sentieri molto simili a quelli battuti da Treadwell nelle sue peregrinazioni nel “Labirinto degli orsi”, in bilico fra Natura e Uomo, nella fiction come nel documentario, confrontando due realtà che, volenti o nolenti, condizionano le nostre vite fintanto da sfiorare il più grande concetto di Destino: un crescendo spesso silenzioso, quello del cineasta tedesco, quasi una ricerca tesa all’equilibrio, o a una razionale analisi del caos freddo della natura. I suoi eroi, uomini impazziti, o sconfitti, spezzati nel loro coraggio di esploratori, di sfidanti, ricordano la tragica poesia di Tim Treadwell e della sua compagna Amie Huguenard, che, da sempre impaurita dagli orsi, non solo rimase accanto al partner nelle sue ultime tre spedizioni, ma lottò da sola contro il grizzly che l’aveva ucciso per sei, lunghissimi minuti immortalati sull’audio di una cassetta che Herzog sceglie, a parere di chi scrive giustamente, di non fare ascoltare. Qualunque fosse l’idea di vita e morte che Treadwell aveva, o cercava di trovare, e quali che siano quelle dei suoi confidenti, o detrattori, il regista mostra grande rispetto per ogni tentativo di ricercare un sentiero nel territorio più pericoloso al mondo, quello dell’animo umano, dando, a sua volta, un personale parere: una Natura bellissima e spietata come gli occhi vuoti di un grizzly, non una creatura da amare, o da sognare d’essere, ma, più semplicemente, un predatore affamato in cerca di cibo, e di fronte, l’Uomo, essere talmente evoluto da essere incapace di vivere la propria civiltà disprezzandone bassezze non sempre così definite. La Natura, suggerisce Herzog, non ha sentimenti: è un eterno ciclo che scorre, inesorabile. L’impresa più ardua che qualsiasi esploratore potrà mai compiere non sarà quella di trovare modo di comprenderLa, ma, al contrario, di comprendere il perché del proprio stesso viaggio.

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