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cultura dell'immagine e della parola

Pupe, ruttini e secchioni

Sull’argomento La pupa e il secchione (lun. 21.05, lun./ven. 19.35, dom. 20.00) arrivo buon ultimo, me ne rendo perfettamente conto.
Del “comedy-show” di Italia Uno ne hanno già parlato nell’ultimo mese giornali, telegiornali, bloggers opinionisti e talking-heads di ogni forma e dimensione. Quasi tutti con un tono da strizzata d’occhio, con il sogghigno complice di chi vuol far intendere che “non è buona Tv, è trash. Ma è proprio per questo che ci piace”. Era già successo con Cronache marziane, probabilmente il programma più idiota mai realizzato senza la partecipazione di Costantino Vitagliano.
Allora avevo taciuto, conscio dei rischi cui andavo incontro.
Il trash era infatti nel suo periodo di massimo fulgore, apprezzato dal popolo e dalle élite intellettuali, e qualunque voce contraria sarebbe stata rapidamente sommersa da bordate di fischi (probabilmente al grido di “Superquark è una cagata pazzesca!”).
Ma le stagioni televisive passano, i figli crescono e le mamme imbiancano (i padri eventualmente danno lo stucco). E oggi mi sento finalmente di bocciare in tutta serenità questo nuovo orrore condotto non a caso dallo specialista Enrico Papi e dalla degna comare Panicucci.
“Perché?” direte voi. Perché ci avviciniamo al capolinea, amici.

Io la chiamo la Sindrome del Ruttino Terminale (SRT), ed è una malattia digestiva propria del sistema neotelevisivo. Se ci pensate, la Tv come la conosciamo noi (dagli anni ottanta a oggi) assomiglia parecchio a una grande abbuffata: ci propone portate su portate, a ciclo continuo, costringendoci a masticare in contemporanea generi differenti e a trangugiare tutto di forza, perché il tempo è poco e le immagini da assorbire molte.
In quest’ottica gastronomica, un programma come La pupa e il secchione rappresenta la fiatella malsana che precede il conato. Stiamo infatti parlando della degenerazione estrema di un format che anticipa la comparsa sullo schermo di nuove mutazioni talmente aberranti da provocare l’abbandono di quel genere televisivo da parte del pubblico. Un po’ come quando dopo una sbronza apocalittica per qualche tempo non si riesce più ad avvicinarsi all’alcol (io in questi casi lascio che sia lui ad avvicinarsi a me).
Non stupitevi, sta già succedendo con altre tipologie di show che negli ultimi tempi avevano furoreggiato. Il quiz pseudo-culturale, dopo il piacevole Passaparola e il riprovevole L’eredità, si è arenato sulle secche di Formula segreta. Il gioco a premi di ultima generazione si schianta seguendo una parabola in tre tappe: Affari tuoi, Il mercante in Fiera e Fattore C (che in fondo non è altro che un mix letale dei due predecessori). Il reality con vip, infine, dopo i fortunati eccessi dell’Isola dei Famosi si concede la morte fra Circus e Wild West.

In tutti gli esempi citati il percorso è lo stesso: dal successo, all’abbrutimento, al crollo degli ascolti. Nel caso della Pupa e il Secchione, ci troviamo probabilmente di fronte a una parziale eccezione in cui il successo e l’abbrutimento procedono a braccetto. D’altra parte, il fatto che di questo format siano parenti alla lontana crimini come Il brutto anatroccolo, Unan1mous o Volere o Volare, a mio modesto parere non ci autorizza a immaginare un futuro roseo per questo filone televisivo sulle nostre reti.
E pensare che l’idea di base non sarebbe neanche cattiva: l’americano The Beauty and the Geek riesce a risultare garbato e perfino simpatico. Il problema è appunto la nostra innata tendenza alla degenerazione, il folle amore per la baracconata che ci rende tutti fratelli d’Italia.
La nostra versione del format non è altro che grottesca: dalla sua durata infinita alla violenza insensata degli opinionisti in studio, dalla conduzione sbracata alla demenza imperiale dei giochi.
Dei protagonisti proporrei di non stare nemmeno a discutere. Anche perché chiedersi se una ragazza che non riconosce una foto di Hitler ci sia o ci faccia equivale più o meno a interrogarsi circa la reale identità di Rey Mysterio.
Mi preme invece sottolineare la preoccupante ossessione sessuale che anima gli autori, i quali non perdono occasione per sottolineare come profondi disvalori il candore e la verginità dei secchioni: l’erotismo è cosa buona e giusta, non ci piove, ma tutta questa “ansia da prestazione” non vi pare degradante?[img4]

Quindi cari lettori di Hideout – che le statistiche mi dicono essere persone colte, giovani ma non giovanissimi e di proverbiale buon gusto – non vi allarmate.
Quest’anno va così: vi tocca annuire con lo sguardo perso nel vuoto mentre amici e parenti discutono per ore sull’ignoranza di una topa o sulla bruttezza di un presunto intellettuale. Ma al prossimo giro, non dubitate, ci si prende la rivincita.
Come ben sanno gli adepti dell’esimio Dottor House, che attualmente si aggira per il palinsesto bastonando orrendi programmi che fino a ieri sembravano imbattibili, la Sindrome del Ruttino Terminale non concede sconti.

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