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cultura dell'immagine e della parola

Diario del Milano Film
Festival: mercoledì 20

Una scena di <i>Nummer Vier</i>” /><strong>Diario del Milano Film Festival </strong>di Alice Dutto e Silvia Poli</p>
<p>Arriviamo al festival un po’ trafelate, la metropolitana ha ritardato e, così, riusciamo a trovare gli ultimi posti centrali solo nelle file più lontane dallo schermo. I due ormai noti presentatori ci accolgono con i loro vestiti casual e la loro introduzione multilingue. Come accade nei banchi di scuola, il brusio di sottofondo nelle retrovie è sempre più alto e questo ci deconcentra un po’. Silenzio, si abbassano le luci, i corti del gruppo B hanno inizio.</p>
<p>In <em>Yildonumu (Anniversary)</em> ciò che, subito, appare senza senso, alla fine si spiega nella ricerca dei ricordi e delle sensazioni del primo appuntamento. Un delirio tipicamente femminile che l’uomo non comprende e che riduce il tentativo ad una comica messinscena. </p>
<p>Di colpo, poi, veniamo catapultati nella dimensione 3D. <em> Sefr Darajeh (Zero Degree)</em> mostra la potenza e la fragilità dell’uomo che, spesso, combatte contro forze ignote ed avverse a lui. Abbandona l’arma quando inorridisce delle sue azioni, ma la usa forsennatamente quando si sente in pericolo. Neanche la macchina da presa, metaforicamente noi spettatori, riuscirà a punire l’assassino, basterà un semplice “rewind” per rendere tutto vano.</p>
<p>Scivolano veloci le immagini di <em> Le lac, la plage (The Lake, tbe Beach)</em>, storia prevedibile e senza contenuti di rilievo che non suscita che qualche timido applauso in sordina. Lo stesso discorso vale anche per <em>Whirr</em>, film nel quale l’intenzione artistica è più interessante del risultato finale. </p>
<p>Si alzano le luci e viene annunciato che in sala è presente il regista di <em> Kalypso </em> (della serie: “non fischiate, vi prego, non fischiate!!”). In realtà, il corto è, come dice Philipp Doering, un miscuglio di cose non correlate fra loro, nel quale sono inserite numerose citazioni classiche. Era il suo primo esperimento ed è stato selezionato al festival. Per lui è stato sicuramente un gran risultato. Per noi un po’ meno.</p>
<p>Il pubblico è diventato indisciplinato e rumoroso, del resto è stato messo a dura prova. Così neanche <em> Nummer vier (Number four)</em> viene accolto bene. D’altro canto, non si poteva pretendere molto di più dato che la proposta è stata quella di un’immagine fissa su un pianista in mezzo ad un lago, per tutta la durata dell’esecuzione di un pezzo di Chopin. Seguita dalla scena di una barca con sopra un coro che si esibisce ne “Il Requiem” di Mozart. Se, poi, aggiungiamo il fotogramma finale, ci rendiamo conto che non era tanto facile continuare a rimanere un pubblico serio e compito.</p>
<p>Ci alziamo con tanta voglia di tornare a casa. Oggi avremmo fatto meglio a guardare la Tv.</p>
<p><strong>Ecco a voi l’approfondimento del giorno: i corti <em>Willow drive e Nummer Vier</em></strong> di Alberto Soragni </p>
<p>Un salice piangente, la vita di un ragazzo che pende verso il basso, una donna con un difetto disturbante, una macchina che non porta da nessuna parte: questo è <em>Willow Drive</em>.<br />
Il primo corto del Gruppo I, dell’inglese Jakob Rorvik, è stranamente disturbante – i colori virati al blu, scene ferme e tragiche – come se elementi fastidiosi fossero inseriti dentro le immagini – appositamente per rompere le righe, mostrando una storia d’amore come allegoria di tante altre storie d’amore: quell’amore che viene dimenticato fisiologicamente, mostrando quanto le certezze e gli equilibri oscillino violentemente. La stessa sensazione che si prova a vedere <em> Nummer Vier</em>, ultimo corto del Gruppo B,  del regista Guido Van der Werve: tutte le certezze legate alla visione e all’udito, segni vitali del nostro corpo e imprescindibili allegorie cancellabili dall’inevitabilità della gravità.</p>
<p>Un uomo suona il piano, e percepisce l’Arte, la Natura, il senso di Pace.<br />
Tanti Uomini suonano su un barcone e rappresentano il concetto di Festa.<br />
Un uomo ancora, rappresentazione di Noi tutti uomini, ascolta, ma cade, e morirà, anche perché di tanta allegoria siamo pronti a elaborare, ma del peso del nostro corpo, di quello che siamo costretti a subire, vivere, scontare.<br />
La vita è fatti di debiti e di crediti? O di fantasia e realtà?<br />
<strong> Sicuramente oggi ci si sente ci sentiamo più manichei.</strong></p>
<p><strong> Prossima programmazione gruppo B </strong><br />
sabato 23 settembre 11.00 teatro Strehler</p>
<p><strong> Prossima programmazione gruppo I</strong><br />
domenica 24 settembre 17.00 teatro Strehler</p>
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