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La guerra degli hooligans

La guerra degli hooligans

Solamente una trincea separa i due eserciti che si fronteggiano. Gli opposti schieramenti si insultano e si provocano, violenti nei gesti e nelle parole, le facce contratte in una smorfia di rabbia. Ognuno di essi tende a sminuire gli avversari, a coprirli di ridicolo. Ognuno dei due eserciti ha anche un portavoce, le cui urla di rabbia e i cui insulti si sentono più forti e distinti degli altri. A un certo punto la battaglia scoppia, la trincea viene superata e si scatena la violenza.

Questo non è un film di guerra, ma gli stilemi ci sono tutti: come le commedie di Shakespeare possono essere riadattate e ambientate ai giorni nostri, così la guerra civile spagnola, o quella americana, possono essere “trasferite” nella Londra di oggi. In questa guerra, infatti, ciò per cui si combatte non è il denaro o il territorio: le vere conquiste sono il rispetto degli avversari e la fiducia dei propri compagni. Ed è proprio quest’ultima la guerra personale di Matt, giovane americano “piombato dal nulla” in mezzo a questa eterna guerra tra hooligans inglesi. Matt si rende subito conto di non poter assumere un ruolo neutrale, non esistono testimoni di questa guerra, combattere è naturale e dovuto, ed egli dovrà sfidare la sua natura di testimone passivo, di giornalista, perché i suoi compagni non possono tollerare i media. Essi non solo si permettono di osservare all’interno dei loro affari, ma fanno da tramite tra gli avvenimenti e la società.
Questa guerra non può essere raccontata, deve solamente essere vissuta. Il mondo degli hooligans, in cui la fiducia e il rispetto sono tutto, ha in qualche modo la consapevolezza che qualsiasi evento o realtà, una volta che viene raccontata, è in qualche modo distorta. Dunque gli hooligans rifiutano qualsiasi rappresentazione della propria realtà. Il film di Lexi Alexander diventa interessante proprio grazie alla capacità di rappresentazione della realtà degli hooligans in maniera estremamente realistica, facendo poi dire ai propri personaggi che si tratti di una messa in scena. Il film è coinvolgente, ma lo spettatore non può ignorare questa contraddizione.

L’escalation di violenza che coinvolge i protagonisti regge fino a quando non diventa chiaro l’intento in qualche modo edificante e moraleggiante del film. Si ha l’impressione che la regista non abbia avuto il coraggio di portare fino in fondo la propria scelta di rappresentare questo mondo crudo e violento, ma estremamente umano senza troppi schematismi.

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