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Adamo contro Adamo

Adamo contro Adamo

Il cinema nordico torna a colpire, il dramma privato diviene norma di una realtà quotidiana epurata di ogni lirismo e in questa quotidianità muore. Ivan è convinto che l’origine di tutti i suoi mali provenga da Satana…Quali mali? Il figlio paralitico e ritardato che ai suoi occhi può correre e camminare? La moglie morta suicida, a suo avviso per errore? Il tumore che gli cresce nel cervello ma lui non avverte? Di tutte queste tragedie il demonio è colpevole ma nella realtà di Ivan tutte queste tragedie non esistono. Adam è cattivo, o almeno così dice di essere, non riesce a cucinare la sua torta e specialmente non sopporta la cecità di Ivan di fronte alla verità. Dalla lotta tra queste due visoni della vita nasce infine un’amicizia e un inusuale scambio di ruoli. Due grandi personaggi in antagonismo “trattenuti “da un film che non riesce a enfatizzarne la tragicità.

Interessanti reazioni psicosomatiche (l’orecchio di Ivan sanguina per non sentire la verità) mischiate a bunuellani scambi di simboli (la fotografia di Hitler appesa da Adam al posto della croce)e il ricordo del peccato originale nel melo da cui Adamo dovrebbe attingere per compiere la sua opera, rendono il film intrigante ma non soddisfacente. La metafora traballa, troppo scontata in certi punti, troppo poco insistita in altri.
Il film potrebbe commuovere ma non ci riesce, potrebbe far ridere con tragico sarcasmo ma non ci riesce, la problematica viene apparentemente risolta con un edificante epilogo che riporta lo spettatore al punto di partenza, non dànulla e non toglie nulla.
I dialoghi accennano a una profonditàdi analisi che in realtà non raggiungono mai, la recitazione degli attori sembra volutamente trattenuta nei suoi aspetti più tragici, il ritmo tiene ma non incalza.
La commedia, secondo Pirandello, era una via per enfatizzare la tragedia individuale, il dramma, per Bergman, l’inevitabile motore di ogni azione umana. L’analisi, per entrambi, il metodo con cui spiare e giudicare il reale.

Jensen sembra dimenticare questi insegnamenti: tenta di conciliare tragedia e commedia senza riuscire a colpire il cuore, riduce problematiche religiose a puri esercizi manieristici carichi di simboli che perdono di intensitàdi fronte alla freddezza con cui vengono trattati. Freud e la Bibbia sembrano attinti da un breviario per studenti che dice tutto ma non spiega nulla. L’opera è intrisa di prepotenti affermazioni ma nessuna reale spiegazione.
Un film colto, ma non abbastanza, una tesi interessante (si può vivere anche nella schizofrenica visione distorta del reale) ma trattata in modo superficiale, un’estetica nitida, forse fin troppo.
Usciti dalla sala numerosi interrogativi affollano la mente e tra questi: è legittimo che un film accenni una tesi senza voler riuscire a rappresentarla totalmente? E se si, questo atteggiamento può essere considerato come la spia di un radicale distacco dal metodo analitico nella mentalità cinematografica delle ultime generazioni?

Curiosità
Le mele di Adam ha vinto numerosi premi ai festival di Courmayeur, Amburgo, Reykjavik, Varsavia, San Paolo e ai Danish Film Academy Awards. Si tratta del terzo film da regista di Jensen e costituisce, assieme ai primi due, una trilogia dedicata ai derelitti della società.

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