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cultura dell'immagine e della parola

Ezio, una persona incredibile

La sera del trentuno marzo, dopo aver presentato in un cineforum l’ultimo film del “suo” Steven Spielberg, un infarto ci ha portato via Ezio Alberione. Critico cinematografico e direttore responsabile di Duellanti, era un grande amico di Hideout. Noi vogliamo ricordarlo con i pensieri di due persone che lo conoscevano bene.

Mi trovavo sempre in imbarazzo sotto il tuo sguardo acuto, quegli occhi che tante volte ho osservato dietro gli occhiali dalla montatura blu, di cui ricomponevo la forma. Non erano esattamente quadrati, no, forse ottagonali.
Ero inquieta perché avevo sempre l’impressione che quegli occhi leggessero molto bene nel profondo del mio animo, che vedessero la mia trasparente ammirazione e il mio affetto.
È impossibile separare l’ammirazione per il critico intelligente e per l’uomo generoso che eri. Probabilmente il merito è di quegli occhi che sapevano osservare le immagini quanto le persone che venivano da te per discutere della tesi, di un film o per chiederti di leggere una recensione.
Maestro critico. Non ho chiamato nessun altro così. Hai sempre insegnato che le idee di mondo e le idee di cinema non possono separarsi, che l’esercizio critico è anche coscienza etica. Tu lo dimostravi con la tua integrità morale.
Non ti ho mai detto che mi hai cambiato la vita, influenzandone alcune scelte. Fra i tanti ricordi di parole scambiate, rimane questo rammarico e la consolazione che, da dietro gli occhiali, tu l’abbia sempre saputo.
Ora la tua morte ci sembra incredibile, ma non potrebbe essere altrimenti. Ezio, tu eri una persona incredibile.

Fabia Abati

Per me questo è inaccettabile. Com’era inaccettabile (bello, devo usare il passato…) quando sembri imbarazzato alle anteprime se io ti fermo per salutarti. Come mai? Avevo intenzione di chiedertelo.
Tante cose ora, tantissimo il fatto che sei uno dei miei maestri (ne ho avuti solo due), che il rispetto e l’ammirazione per te sono sempre rimaste nascoste, troppo imbarazzante parlartene, mi sarei sentita una stupida.
Dell’ultima lezione ricordo Almodovar, un govanotto nudo che mimava un amplesso… ero venuta solo così, nemmeno per “imparare” di più, ma per stare lì a godere del modo in cui parlavi di cinema. Era una culla per me.
La tesi fatta insieme, vorrei aver scritto quello che mi hai detto. E quanto prima di darti del tu? Però ero fiera di chiamarti per nome e di fermarmi nei corridoi a scambiare due parole.
E al triennio dopo una lezione su Hitchcock, 20.30 di sera, a Milano nevicava da matti, a parlare di Vertigo, nessuno con un ombrello, tu una mantella sulle spalle.
E’ l’immagine più bella, sono tre anni che ogni tanto la racconto.
La prossima volta non rimarrò zitta, a costo di fare la figura della studentella sentimentale, non tacerò la stima e l’ammirazione, la magia che eri in grado di fare con poche parole. Ma scritte e dette benissimo.

Francesca Bertazzoni

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