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Schizofrenia

Schizofrenia

La forma della violenza
Le sparatorie sono acrobazie, le uccisioni armonie di movimento e sangue. Non c’è orrore in nessuna delle azioni violente compiute da Tom, ma una freddezza da ammirare, una precisione estetica che rende belle quelle immagini. Il suo corpo è veloce, sicuro, si flette e si stende come se stesse facendo l’amore. E così, quando fa l’amore con la moglie, sembra che la stia violentando: il dolore delle dure scale di legno sotto i loro corpi che si battono e sbattono per terra sembra ingigantire l’eccitazione. Quando la violenza riaffiora alla mente di Tom, il suo corpo ne percepisce la potenza e diventa un corpo sessuale, sempre aperto, all’erta, eretto in ogni momento: ogni volta che uccide il sangue lo ricopre interamente, i suoi vestiti si impregnano di rosso e di pezzi di corpo, non riesce mai a evitare quegli schizzi sulla sua faccia. Non può, non vuole, perché quello è il suo cibo. Come l’amplesso invade i corpi di liquidi organici, così l’orgasmo della violenza sono la morte e la devastazione compiute sui corpi. Dei morti, ma soprattutto dei vivi.

Come David Cronenberg ci ha stimolato a vedere, spesso è l’epidemia incontrollata a distruggere una comunità, una città, una famiglia. E, anche in questo caso, l’esplosione di morte contagia velocemente tutti gli Stall, come un virus. Come nel padre, anche nel figlio la violenza si trasforma in una atto elegante, con un valore eroico e emancipatorio. Nella moglie la rabbia e il dolore si trasformano nella consapevolezza dell’eroticità della violenza. Nella figlia piccola il morbo agisce in modo diverso: forse l’atto di violenza più disastroso è quello dell’accettazione all’interno della normalità, della cena famigliare, dell’elemento schizoide che si è impossessato di tutti. Ma forse la piccola, nella sua più totale, presunta, innocenza, potrebbe essere la causa scatenante delle morti successive: è lei, infatti, a sognare i mostri d’ombra, quel piccolo e letale nucleo famigliare, padre e figlio, che distruggono ogni forma di vita che incontrano. I due folli, che scateneranno la violenza in Tom, sono appagati dalle uccisioni commesse: introdotti dall’occhio calmo e morbido del regista, camminano lenti e pesanti, consapevoli del piacere che scorre nelle loro vene; languiscono sotto un sole cocente e dentro la sensazione post-orgasmica dell’assassinio.

Le forme mancate (nostalgia di un’amante tradita)
Si possono amare profondamente la messa in scena della violenza, senza colonna sonora, ma con il freddo effetto sonoro delle pistole che esplodono, delle teste che si aprono, dei polmoni annaspanti nella morte; si può rimanere incantati a fissare i grandi primi piani, volti immensi davvero messi sotto la lente di ingrandimento, volti-simbolo. Si possono adorare i volti distrutti dalle pallottole, brevi fotogrammi dove si vede e si riesce a comprendere. Immagini che delineano il nuovo panorama, la nuova realtà che da interna si è fatta esterna e va a posarsi sulle facce distrutte di chi sta morendo. Ma mancano all’occhio le penetrazioni di cui Cronenberg è capace, l’assoluto del corpo come principio e fine, il significato della sua trasformazione, visibile, mostruosa, doppia, incrociata. L’estromissione fisica di tumori, appendici, ferite, protesi, simboli fisici di un’interiorità mai rappresentata. Strumenti, lamiere, accoppiamenti di sessi e oggetti, mutazioni, bubboni: il corpo come oggetto manipolabile manca alla vista, il bisogno di riempirsi del suo orrore e del suo fascino chiama; mancano le forme del suo cinema, bellissime forme cronenberghiane; le estremità corporali delle sue immagini sono fuori campo, si sentono, ma non si vedono. E l’occhio orfano piange.

Curiosità
“Credo che la vita sessuale dei personaggi sia importante. Averne pudore limita le possibilità di approfondimento” – David Cronenberg dal pressbook del film.

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