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E’ sempre la solita storia

E’ sempre la solita storia

Come tante popstar protagoniste dei palcoscenici musicali internazionali, Justin Timberlake ha tentato la carta del cinema per rafforzare la sua immagine mediatica. Malgrado siano documentati molti casi di flop (Britney Spears in primis), e solo “mostri sacri” come Madonna e David Bowie sono stati in grado di trovare spazio e successo in quest’ambito artistico, l’ex NSYNC ha tentato il grande salto scegliendo un soggetto piuttosto abusato.

Come alcuni cantanti americani, Timberlake ha scelto un film dal budget considerevole (trentasette milioni di dollari) ma dalle velleità indipendenti (è stato presentato al Toronto Film Festival). La storia, che come in tutte le pellicole di questo genere rappresenta solo il buco intorno alla ciambella (giusto per intenderci, spari, pugni e il giovane eroe che fa giustizia), racconta la vicenda di un reporter che, spinto dall’orgoglio civico, cerca di fermare un reparto speciale corrotto della polizia. Intorno al cantante, al quale è giustamente dato notevole spazio (in fondo il film non è altro che una vetrina per il cantante), ruota un cast sconcertante di superstar e caratteristi: non parlo solo dei premi Oscar Kevin Spacey e Morgan Freeman, ai quali bisognerebbe capire che impellenze economiche li obblighino a partecipare a simili scempi, ma anche di Piper Pirabo e Dylan McDermott, comprimari di tutt’ordine per un prodotto che trova paragoni solo con Facile preda (Fair Game, Andrew Sipes, 1995).

Facile preda?
I più si ricorderanno di questo action movie per le forme della sua protagonista: una statuaria Cindy Crawford, alla quale il film era stato cucito addosso per esplorare il suo potenziale cinematografico. Come per Edison city, anche in Facile preda si era puntato sul genere spionaggio – poliziesco, sperando di ingolosire il pubblico più giovane, il quale però non aveva abboccato, decretando in questo modo un insuccesso inevitabile.
Che il pubblico americano vada a nozze con questo genere di film è assodato, ma non sempre esperimenti di questo tipo hanno buona sorte. Le colpe principali vanno attribuite al regista David Burke che, dal suo passato di serie televisive di grande successo come Law and Order, aveva fatto sperare in una spy-story distante dai soliti blockbuster e più vicino a prodotti atipici ma qualitativamente eccelsi come i recenti David Mamet.
I fan o le fan sono rimaste pienamente deluse e il rampante Timberlake ha stonato la sua prima nota. Il ragazzo però pare non si sia abbattuto e ha già in cantiere cinque progetti, tra i quali Shrek 3, dove per fortuna darà solo la voce a un giovane Re Artù.

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