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Urlare di tragedie taciute

Urlare di tragedie taciute

Nell’epoca dell’informazione istantanea, del videotelefonino e di internet via satellite, appare impossibile che esistano delle situazioni di grave emergenza di cui l’informazione stampa e televisiva non dia alcuna notizia. Sono centinaia le guerre dimenticate, le tragedie della natura e, soprattutto, quelle causate dalla mano dell’uomo che non arrivano a turbare le tranquille coscienze dei privati cittadini sicuri nelle loro case. In Italia uscivano al cinema Footloose (id., Herbert Ross, 1984) e Ghostbusters (id., Ivan Reitman, 1984), Sergio Leone ultimava C’era una volta in America (1984), mentre a poche migliaia di chilometri un popolo stremato compiva a piedi un esodo di proporzioni bibliche, che lasciò sul terreno molte vittime che non videro mai la terra promessa.
Venuto a conoscenza per caso di questa “avventura”, come lui stesso preferisce definire l’esodo dei Falasha, il regista rumeno Radu Mihaileanu ha intrapreso un percorso personale di ricerca e di documentazione che gli ha aperto una nuova prospettiva su un ramo fino ad allora sconosciuto del popolo ebraico da cui lui trae le origini. Un episodio del genere non deve essere taciuto e per Radu portare avanti un progetto che facesse conoscere al mondo ciò che i Falasha hanno subito è diventato uno scopo di vita. Ne è nato così prima un libro (Vai e vivrai, edito da Feltrinelli) e poi un film.

Come in Train de vie (id., 1998) in cui degli ebrei durante la seconda guerra mondiale si fingevano nazisti per sopravvivere, anche in questo film la sopravvivenza arriva tramite una finzione. In questo caso si tratta di un piccolo bambino figlio di madre cristiana, destinato a morire come molti altri nei campi profughi, fatto passare per ebreo nella speranza di arrivare nella ricca Israele. Il film è una sorta di romanzo di formazione socio-religioso, in cui il piccolo si deve adeguare agli insegnamenti ebraici che riceve per non essere scoperto. Viene adottato da una famiglia laica di sinistra, che si avvicina alla religione solo per stargli vicino. Cresce, si innamora e va incontro a una serie di problemi di razzismo proprio con coloro che hanno subito l’Olocausto solo cinquanta anni prima. Si conquista una sua famiglia, ma sente che il richiamo della ricerca della sua vera madre è insostenibile. Non a caso il nome del protagonista è Salomon, quasi a ricordare l’episodio biblico del figlio diviso fra due madri, anche se nel caso di Vai e vivrai le madri sono quattro e l’amore materno che offrono ai propri figli è uguale sia che i figli siano o non siano i propri.

Radu Mihaileanu abbandona i toni comici farseschi con cui aveva dipinto la seconda guerra mondiale nel suo film precedente e dipinge con un affresco fiume l’epopea di un popolo attraverso gli occhi di un bambino che non appartiene a quel popolo, ma proprio perché punto di vista esterno è in grado di dare una rappresentazione più veritiera e drammatica dell’intera vicenda.

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