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Fame indigesta

Fame indigesta

Eggers è tornato, è proprio il caso di dirlo. Anzi, forse è meglio chiederselo. Eggers è tornato? Ed è ancora geniale, struggente e veloce come prima?

Avevamo un certo languorino
I primi affamati siamo noi. Dopo l’ultimo libro ci era rimasto un certo languorino ed ecco che Eggers sforna una torta inedita, una raccolta di quindici racconti vari. Una torta variegata. Ma c’è un ingrediente comune che lega tutte le storie che compongono il libro: la fame che abbiamo, appunto. Il buon vecchio Dave inizia imboccandocene subito Un’altra, un’altra storia. Poi ci riporta con la mente a Hand, il co-protagonista di Conoscerete la nostra velocità, e continua divertendosi a imbrogliare le nostre aspettative fino allo stordimento.

La fame dell’umanità
La fame che abbiamo ci mette in contatto con la parte più profonda dell’uomo, il suo istinto primordiale. Eggers racconta la fame di ognuno di noi: fame di Dio, di amicizia, di amore, di famiglia, in un vortice bulimico delle dimensioni dell’intero genere umano. Un uomo che costruisce una casetta nel giardino per la moglie e il figlio, un altro che non vuole morire da solo, una ragazza che vuole scalare il Kilimangiaro per vedere quanto vale. Fame di storie. Ma è una fame spesso saturata, che degenera in anoressia (l’esempio più lampante è costituito dalle sei pagine bianche di Ci sono cose che lui dovrebbe tenere per se stesso). In questo universo costellato di personaggi in crisi, colti sull’orlo di un collasso esistenziale, la fame non viene soddisfatta e un senso di mortalità incombente aleggia su gran parte dei racconti; in punta di piedi, timidamente, quasi avesse paura di palesarsi, ma quando si mostra apre ai nostri occhi tutta l’insaziabilità e la tragedia della vita stessa.

Rischio d’indigestione
La grandezza dello scrittore americano sta nella capacità di raggiungere le nostre sensazioni e sommuovere la nostra coscienza. Nella capacità di entrare negli stati d’animo e di seguirli con gli scarti della sintassi, proiettando immagini nitide dietro gli occhi del lettore, con una scrittura intimistica che non prescinde dal suo essere atrocemente legata al mondo e all’esperienza. Tutto questo senza tralasciare quella sua genuina comicità fatta di idiozia, paradosso e ironia. Ma proprio nella marca stilistica “eggeriana” si cela il maggior pericolo. Il tentativo di rendere accessibile a tutti una scrittura creativa fino al limite della tolleranza rischia di cadere nella banalità. Spesso ridondante, perde molto della naturalezza de L’opera struggente di un formidabile genio, e le vertiginose accelerazioni ritmiche sono rallentate da momenti di calma che sfiorano la noia, specie nei racconti più lunghi. Non è più veloce come prima.

Sono un cane veloce
Arriviamo all’ultimo racconto dopo aver letto le strane storie di personaggi che vogliono saziarsi di qualcosa che manca, e pochi, veramente in pochi ci riescono. È l’insaziabile fame di conoscenza dell’umanità. Ed è proprio Eggers che in chiusura ci svela l’idea che si è fatto di tutto quell’affannarsi inutile. E lo fa attraverso le parole di un cane, ma di quelli veloci: «Se nella vita di prima tutti erano così strani, secondo me, è solo perché volevano sapere».

Eggers ha rallentato, certo, ma riusciremo a prenderlo?

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