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cultura dell'immagine e della parola

Un bambino di nome Tim

Un bambino di nome Tim


Stainboy
(Il bambino supermacchia)

È il più strano
Fra i supereroi:
non ha poteri speciali
o auto con le ali,
se ne sta per i fatti suoi.

Accanto a Superman o Batman,
può forse sembrare banale,
ma per me è del tutto speciale
e vale più di un’acca:
è il bambino Supermacchia. […]

Il bambino con i chiodi negli occhi, Persico il bambino tossico, il bambino Mummia, il bambino bruciacchiato e soprattutto l’orrendo bambino pinguino. Sono i possibili amici di infanzia di un bambino disadattato, con grossi problemi relazionali, capace di costruirsi un mondo di fantasia che farebbe gioire uno psicoterapeuta infantile.

Sono i personaggi che popolano la fantasia di Tim Burton, che gli fanno compagnia, che lo terrorizzano. Burton nasce come fumettista, disegnatore di fondali per i cartoni animati della Disney Factory, non a caso i suoi primi credits sono presenti in Taron e la pentola magica, primo film Disney segnato da una profonda vena horror. In Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie Burton utilizza lo stile delle filastrocche infantili e del disegno fumettistico per far esprimere i suoi sogni / incubi che lo accompagnano ancora oggi. Facile è leggere le prefigurazioni di molte tematiche che segnano la cinematografia dell’geniaccio newyorkese. Ossessionato fina da piccolo dalla figura di Vincent Price e dai suoi film horror, il suo immaginario è fatto di altri bambini disadattati, senza amici, inadeguati al luogo dove si trovano. Il bambino Fontina, non potendo giocare con gli altri bambini, trova l’amicizia col bambino Chianti, il bambino con i chiodi negli occhi pianta un albero sbilenco perché non lo vede, il malinconico bambino Ostrica muore malinconicamente. Non c’è spazio per un’infanzia felice nella mente di Tim Burton, siamo tutti diversi come Edward Mani di forbice, come il piccolo Vincent, come Winona Ryder in Beetlejuice, come Batman o il suo alterego Pinguino o come il Charlie de La fabbrica di cioccolato. Orrore e comicità, inscindibile tra le filastrocche e i disegni semplici ma efficacissimi diventano un cifra stilistica capace riassumere la summa teorica della poetica Burtoniana. Come Jack Skeleton, o come l’uomo della folla di Poe, Burton si sente solo in mezzo alla gente, percepisce di non trovarsi mai nel luogo adeguato e perciò cerca di rapire Babbo Nachele per fare il proprio Natale.

Nella prospettiva dell’intraducibilità della poesia, la versione italiana è stata affidata allo scrittore e poeta Nico Orengo che si è appropriato dei testi di Burton, reinventandoli ma conservandone l’autenticità espressiva. In appendice del libro sono presentate i testi originali inglesi, che meritano una seconda lettura.

La bambina Vudù

La sua pelle è un panno bianco
Ricucito da ghirigori di fili neri,
molti spilli colorati
nel suo cuore son puntati. […]

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