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Intervista a Tommaso Pincio

Perché scrivere un libro che parla della L.A. degli anni sessanta in un periodo come questo, dove sono tornati di moda gli anni ottanta?

Il ritorno degli anni ottanta c’è stato secondo me un paio di anni fa, mi sembra che invece adesso ci sia una tendenza inversa. Bisogna poi vedere cosa si intende per moda: per esempio, se uno intende parlare di fashion, quest’anno va molto di moda il look new hippy, psichedelico, eccetera. Io però non ho parlato di quell’epoca ragionando in termini di tendenze.
Per come la vedo io questo romanzo è la naturale continuazione di Un amore dell’altro mondo. Tutto quello che è stato lasciato in sospeso nell’altro, in questo cerca di chiudersi o comunque di essere letto attraverso un’altra prospettiva. Mi spiego meglio: un amore dell’altro modo è più vicino per un motivo generazionale, però bisogna considerare che Kurt Cobain era una persona nata nella metà degli anni sessanta, quindi idealmente era il figlio di un figlio dei fiori, ha respirato le conseguenze di quell’epoca.
Oltre a ciò ci furono moltissime altre conseguenze, per esempio la perdita del tempo: la generazione nata negli anni sessanta è diventata adulta negli anni ottanta. Questo è stato un decennio in cui si è annullato il senso del tempo delle cose. E’ stato il primo decennio in cui si è cominciato a fare il revival, cioè il mischiare il passato con il presente. Si è persa quindi l’idea che le cose avessero un valore perché rappresentavano un elemento di frattura con il passato. Questa cosa sulla nostra generazione, quella nata negli anni sessanta, ha pesato parecchio. Cobain per esempio quand’era ragazzino non si rendeva conto, anche perché viveva in una piccola cittadina sperduta tra i boschi, che i Beatles non esistevano più, per lui tutta la musica era contemporanea. E’ per questo che io ho deciso di parlare di un’epoca che origina l’utopia di costruire un mondo basato su degli ideali magari anche radicalizzati. Quella di cui parlo è la generazione di Cobain. E’ vero che per molti aspetti sono due romanzi profondamente diversi soprattutto nella struttura, però c’è una continuità tra questi due lavori.

Nel libro c’è una forte dicotomia tra due realtà profondamente strutturate, ordine e disordine, che però sono due sistemi collassato. C’è nel libro una soluzione a questo?

Guarda, io non mi sento di dare una risoluzione a questo problema. La letteratura deve porre delle questioni, dare delle coordinate attraverso le quali indagare un problema, non indicare delle risoluzioni, quantomeno non una soluzione costrittiva. In realtà il libro nella parte finale una soluzione positiva la propone, soprattutto quando il personaggio maschile rincontra Boom, che è un personaggio che esiste realmente, Goa, l’inventore della Goa Trance, che scappò dalla California alla fine degli anni sessanta, e che ha cominciato a fare musica elettronica in India, che poi è diventato un genere. Quindi ci sono ragazzi di vent’anni che ballano questa musica elettronica con la mentalità Neo Hippy. Per cui il personaggio maschile che si trova in quest’isola, si riconcilia con quel mondo guardando sia quello che poteva essere suo padre sia quelli che potrebbero essere sostanzialmente i suoi figli. E’ quest’esperienza di riconciliazione che rappresenta, non dico una soluzione, ma la possibilità di guardare alle cose con un po’ più di coraggio. E’ chiaro che nel romanzo il disordine da vita a qualcosa di più positivo rispetto all’ordine che lo controlla, però il disordine ha un prezzo. Per esempio, la ragazza che scappa con lui verso il mondo fantascientifico, paga un prezzo enorme per una circostanza. Lei si annoia, vorrebbe una vita diversa, e un giorno decide di prendere la strada con uno sconosciuto e quindi di alterare l’ordine normale della propria vita, e si ritrova in un posto assurdo dove succedono cose strane di tutti i tipi. Quindi la ribellione all’ordine ha un valore positivo ma un prezzo da pagare. Questo fatto non deve però spingere la gente a non ribellarsi. Quello che è importante comunicare è che vale la pena di ribellarsi.

La polvere mi ricorda la polvere dei romanzi di Ellroy, pensi all’eroina quando parli di questa?

No, è un riferimento alle nanotecnologie, non all’eroina. Questo è un romanzo psichedelico, ma se faccio riferimento a qualche sostanza è all’Lsd, che è una sostanza più positiva. L’eroina distrugge completamente, l’Lsd ha altri aspetti. E’ stata utilizzata all’inizio degli anni cinquanta dalla Cia in maniera indiscriminata per studiare il controllo della mente. Poi attraverso un circolo perverso è arrivata per le strade. Si sa però che ha importanti riscontri nella cura di malattie come la schizofrenia o l’alcolismo. [img4]Comunque l’Lsd offre un’apertura della percezione che lascia un eredità nel consumatore, con l’eroina finisci male e basta. Hoffman, lo scopritore dell’Lsd, è ancora vivo e ha circa novanta, cento anni. Dopo ciò ne fecero uso persone insospettabili come Cary Grant e Albert Huxley. Huxley già in Brand New World immagina un mondo controllato anche attraverso una sostanza psichedelica, dopo questo fece uso di Messalina. L’Lsd è stato demonizzato più dell’eroina perché è molto più pericoloso dal punto di vista sociale, in America è stato il simbolo di una rivoluzione.

Un ultima domanda, perché hai scelto proprio lo pseudonimo di Tommaso Pincio?

Non sono stato troppo a ragionare sul significato dei nomi. Ho scelto Tommaso Pincio perché è un nome chiaramente inventato e ridicolo. Che sia legato al nome di un grande scrittore non è una cosa casuale, ma non è la cosa principale. Voglio comunicare al lettore che ritrova di fronte ad un’identità chiaramente falsa.

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