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Che bisogno c’era? (Maledetta primavera)

Che bisogno c’era? (Maledetta primavera)

Rocky Giraldi è il figlio di Nico, uno dei personaggi interpretati da Tomas Milian protagonista di alcuni dei più famosi poliziotteschi usciti fra gli anni settanta e ottanta. Mentre Nico è un trucido che parlava da borgataro e viveva in una città che non rappresenta la Roma da cartolina a cui sono abituati i turisti, Rocky (Claudio Amendola) sembra solo un attore “travestito” da Monnezza, che si è studiato le battute precotte per sembrare uno della curva della magica, che guida un’Alfa d’epoca tirata a lustro e che vive in una Roma stereotipata per i luoghi scelti.

A monte di questa considerazione, appare logico che l’approccio al film dei Vanzina (che purtroppo non sono i Coen italiani) risulti già profondamente diverso rispetto alla serie dei predecessori. Sebbene i Vanzina rappresentino una sorta di retaggio che il cinema italiano deve ancora alla commedia all’italiana e siano gli unici a creare ancora film in modo seriale (Vacanze di…), i due fratelli non riescono a cogliere quello che era il vero valore aggiunto della figura del Monnezza. Giraldi è sì un maleducato e un buzzurro dal cuore d’oro, ma quello che più era importante nei film di Lenzi e Corbucci era l’approccio sociologico che, nonostante la leggerezza dei film, pervadeva le loro pellicole. I Vanzina confezionano un film fatto e finito per inquadrare il sorriso a trentadue denti di Amendola mentre fa lo spaccone, ma non hanno alcuna idea di come registicamente si affronti un genere come il poliziottesco. Dopo le panoramiche di rito per le strade di Roma, con qualche punta alla Garbatella, i due fratelli del cinema italiano non perdono l’occasione di sfornare l’ennesimo spot turistico per una località sciistica (che di tutto punto qui non citerò) concludendo l’inseguimento finale con una discesa delle piste a bordo di gatti delle nevi degno dell’ennesimo Vacanze di Natale piuttosto che di uno 007.

Non si può accusare di nulla i Vanzina perché la risposta è sempre la stessa: “Il pubblico li premia, va a vedere i loro film e paga col biglietto quei soldi che servono al cinema italiano per fare i film d’autore”. Sarà vero? Intanto annunciano per l’autunno una collaborazione con Diego Abatantuono per riportare sullo schermo i tifosi di Eccezzziunale… veramente (Carlo Vanzina, 1982)! Speriamo solo che questa ondata di rivalutazioni selvagge del cinema anni settanta (e annesse rivisitazioni) cessi e che i cineasti italiani tornino ad avere idee originali.

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