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Il selvaggio Est

Dust, di Milcho Manchevski“E così si mosse dal selvaggio West al selvaggio Est”, narra la vecchia donna a proposito delle vicissitudini di Luka, bandito americano partito dall’West per andare a combattere da mercenario in Macedonia. Il film in questione è Dust, uscito nel 2001, opera seconda di Milcho Manchevski, regista di origine macedone che ha compiuto lo stesso percorso del suo personaggio: dagli Stati Uniti, dove si era trasferito per motivi di studio, è tornato a girare in Macedonia, creando una sorta di confuso Eastern movie, presentato per la prima volta in Italia in apertura alla 58esima Mostra del cinema di Venezia. E proprio nella città lagunare Manchevski aveva vinto il Leone d’oro nel 1994 per Prima della pioggia, suo film d’esordio incentrato sulle vicende degli scontri etnici nella ex-Jugoslavia.
Al nome di questo regista che al di là del valore delle sue opere è riuscito a farsi strada nella distribuzione internazionale, si può affiancare, per provenienza geografica, quello di Darko Mitrewski, che dopo Goodbye 20th Century ha girato Bal-can-can, pellicola terminata lo scorso anno, co-prodotta in Italia da Alessandro Verdecchi, che dovrebbe uscire a giugno nelle nostre sale.

Serbia anno zero, di Goran MarkovicNel tentativo di tracciare un breve ritratto dell’attuale situazione cinematografica della ex-Jugoslavia partendo da quei film che hanno trovato una recente distribuzione in Italia, troviamo, spostandoci verso la Serbia, il Dusan Milic di Jagoda – Fragole al supermercato (Jagoda u Supermarketu, Dusan Milic, 2003), prodotto e lanciato da Emir Kusturica, e poi nomi meno noti in Italia: come Slobodan Sijan, considerato a casa sua uno tra i registi più importanti, la cui ultima pellicola, I due strangolatori, è passato alla rassegna del cinema serbo di Firenze nel 2002.
O come Goran Markovic, passato a Venezia nel 2002 con Serbia anno zero (Serbie, année zéro, 2001) e vincitore nel 2003 di un premio speciale al festival di Montreal con Il cordone (Kordon, 2002), che proviene tra l’altro dalla prestigiosa FAMU di Praga, scuola che ha formato cinematograficamente anche Kusturica e Goran Paskaljevic.
E ancora Dusan Kovacevic, già autore teatrale e sceneggiatore (di Underground, per esempio), vincitore sempre a Montreal 2003 del premio per la migliore sceneggiatura con The Professional (Profesionalac, 2003), approdato (e premiato) anche in Italia al Festival di Viareggio; per finire con Milos Radovic, che dopo il corto pluripremiato del 1997, My Country, ha diretto Small World (Mali Svet, 2003), presentato al Sarajevo Film Festival nel 2003, e si è più recentemente dedicato alla regia teatrale della Carmen firmata da Goran Bregovic.

Estate nella valle dorata, di Srdan VuleticSpostandoci ancora, questa volta verso ovest, troviamo un film del listino Lucky Red dello scorso anno, il bosniaco Benvenuto Mr. President (Gori vatra, 2003), vincitore del Pardo d’argento al Festival di Locarno del 2003 e del Sarajevo Film Festival nello stesso anno. Il regista, Pjer Zalica, è nome noto in patria soprattutto per il suo passato di documentarista negli anni dell’assedio di Sarajevo, e per aver firmato la co-regia di MGM – Sarajevo, tra i titoli più importanti della cinematografia bellica della capitale bosniaca, risultato della SaGA (Sarajevo Group of Authors) gruppo di resistenza intellettuale fondato dal regista Ademir Kenovic (Il cerchio perfettoSavrseni krug, 1997) proprio negli anni dell’assedio.
È circolato negli ultimi anni in qualche festival italiano minore anche il bel film di Srdan Vuletic, indicato dallo stesso Zalica come uno dei più promettenti registi bosniaci, Estate nella valle dorata, (Ljeto u Zlatnoj dolini, 2003), presentato per la prima volta al Sarajevo Film Festival del 2003, ambientato nella capitale bosniaca appena uscita dalla guerra e intriso di quello humor nero di marca tipicamente balcanica. E ancora, visto al Medfilm Festival 2003, Remake di Dino Mustafic, sarajevita, membro del gruppo di filmmaker al servizio della Commissione di indagini sui crimini di guerra, e realizzatore del corto 724, incluso nel documentario corale Made in Sarajevo, prodotto nel 1998.
[img4]Decisamente meno interessanti, e forse non per caso, le opere che arrivano dalla Croazia e dalla Slovenia, i Paesi che meno hanno subito gli orrori della guerra. Uno tra i pochi degni rappresentanti del cinema croato è Vinko Bresan, regista de Il maresciallo (Marshal Tito, 1999) e de I testimoni (Svjedoci, 2003), vincitore del Premio per la Pace al Festival di Berlino del 2004.
Ma al di là delle eccezioni, il cinema balcanico attraversa ormai da qualche anno un momento fecondo, come spesso succede nei Paesi in fase post bellica, attraversati da una situazione economica e politica instabile.
Speriamo in futuro di riuscire a vedere sempre più opere di valore provenienti dal “selvaggio” Est, che possano degnamente affiancare i nomi dei soliti (seppur amatissimi) Kusturica e Tanovic.

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• Vai all’approfondimento Il cinema balcanico, ovvero la poetica dell’irrazionalità
• Recensione di Bevenuto Mr. President

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