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cultura dell'immagine e della parola

Milano Film Festival IX edizione

La visione di quarantadue opere provenienti dai quattro angoli del mondo è senza dubbio un buon modo di tastare il polso sullo stato di salute del cortometraggio. E anche quest’anno, mentre cala il sipario sulla nona edizione del Milano Film Festival, la sensazione che sembra prevalere è quella di un sereno ottimismo.
I film in concorso hanno dimostrato che la creatività e la competenza tecnica non sono merce poi così rara, e la massiccia affluenza di pubblico (ormai una costante per questa rassegna) ci ricorda che anche al di fuori dei circuiti più commerciali di distribuzione è possibile trovare persone interessate a gustarsi dei prodotti cinematografici di qualità.
E se i puristi della settima arte hanno forse rabbrividito un po’ davanti al dilagare della mondanità che circonda il festival, bisogna pur riconoscere che le frivolezze sono state tenute saggiamente al di fuori della sala di proiezione.
Tra i tavolini antistanti il Piccolo Teatro abbiamo visto magliette modaiole ed esibizioni da passerella, nel fossato del Castello Sforzesco siamo restati stoicamente in piedi a sorseggiare bottigliette di birra a prezzi da collezionisti. Ma una volta giunti davanti allo schermo, a luci spente, ci siamo finalmente potuti immergere in quello che è il vero cuore di ogni rassegna cinematografica. E lo abbiamo sentito pulsare.
Perché di buone idee anche quest’anno se ne sono viste tante, su pellicola e in digitale, a budget ridotto o con realizzazioni principesche, ironiche o dannatamente serie.
Alla fine ha vinto il cortometraggio più duro tra quelli in concorso, L’evangile du cochon créole dello statunitense di origini haitiane Michelange Quay, e bisogna dare atto alla giuria di aver scelto un film difficile sia da capire che, eventualmente, da digerire.
Comunque un gran film; forte come un pugno alla bocca dello stomaco ma al contempo pregevolissimo dal punto di vista estetico, con una fotografia sublime la cui poesia si riassume nel movimento di macchina finale: un lunghissimo carrello che snocciola sotto gli occhi dello spettatore un panorama urbano da togliere il fiato.
Un panorama da guardare e riguardare, per riempirsi gli occhi in attesa del prossimo festival e, speriamo, della prossima iniezione di buon cinema e buone idee.

• Vai all’intervista al vincitore del festivalMichelange Quay
An interview with Michelange Quay: English version
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