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Calcio all’orientale

Calcio all’orientale

Per la serie: come prendere un piccolo gioiello di Honk Kong, a metà tra parodia demenziale e valori orientali, e trasformarlo in un becero film pure mal distribuito. Lo scorso anno, all’incirca in questo periodo, grazie ad un incredibile passaparola, si diffuse nella rete uno strano film sul calcio. Il suo nome era Shaolin Soccer. Per chi, come me, che negli anni ’80, prima di venire a conoscenza dell’esistenza di gente come Pasquale Bruno, pensava che il calcio fosse fatto di tiri incrociati e catapulte infernali grazie a Capitan Tsubasa (Holly e Benji insomma); quella era la manna dal cielo. Palloni che si trasformano in comete e distruggono il campo di gioco, portieri che parano bevendo il caffè o lanciandosi in improbabili mosse di arti marziali. Quel film era divertimento allo stato puro, e pure sentire i protagonisti parlare nella loro lingua contribuiva alle grasse risate. Non mi sarei aspettato che il film sarebbe uscito anche in Italia, e infatti per quasi un anno non se n’è saputo nulla, tranne che il fatto che a Hong Kong era stato uno dei più grandi successi della storia. Quando ho visto il trailer, qualche tempo fa, mi sono segnato la data, 11 aprile, come il giorno più atteso dell’anno. Arrivato al cinema, la delusione totale. Rispetto alla versione circolata su internet, quella nelle nostre sale è più corta di quasi venti minuti, e perde soprattutto le parti più riflessive sulla filosofia shaolin, che invece erano utili nel creare continui climax all’interno della narrazione. Ma la cosa peggiore è senza dubbio il doppiaggio. Già la scelta dei nomi dei giocatori non è brillante (Riportone, Buzzico, Hung’O Fetentone); ma la scelta dei doppiatori è un vero scempio. A parte Pino Insegno, che rimane uno dei migliori doppiatori italiani, sono stati scelti, per dare le voci ai giocatori, sei veri calciatori italiani (Tommasi, Candela, Delvecchio, Mihajlovic, Pancaro, Peruzzi). A parte che sfido i cinquantasei milioni di ct italiani a riconoscere le voci di giocatori come Pancaro o Tommasi, in ogni caso questa scelta penalizza decisamente l’andamento di tutto il film. Se concludiamo dicendo che la voce narrante è quella di Carlo Vanzina, il gioco è fatto. Si è cercato, insomma, di richiamare un pubblico più vasto rispetto a quello generalmente interessato ad un film di Hong Kong. Se però poi il film viene fatto uscire in venti sale in tutta Italia tutto questo serve a ben poco, e si fatica ancor di più a comprendere il perché di queste scelte. Insomma, se vi accontentate di un film comico fin troppo trash, del tipo che nemmeno Neri Parenti sarebbe in grado di realizzare, andate al cinema, ma se volete vedere una vera chicca, aprite un qualsiasi programma peer to peer e digitate shaolin soccer. Non ve ne pentirete.

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