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cultura dell'immagine e della parola

Speciale su Harmony Korine parte I

Film che dirigerò:
- Un ballerino di Tap Dance alcolizzato viene riabilitato.
- Un gangster fugge in Alaska alla ricerca di oro.
- Una bambinaia scontrosa va a pescare e trova un corpo morto sul fondo del lago.
- Una prostituta decide di candidarsi come sindaco
- Un ex – spacciatore decide di voler diventare un giocatore di Baseball professionista.
- Un dentista trova 100.000 dollari nella fenditura di un cello.
- Una maestra porta la sua classe in Isralele dove passano il loro tempo in un Kibbutz bighellonando e piantando granturco.

Harmony Korine, dal suo libro Crack-Up at the Race Riots.

- Quando vedo un film commerciale dei primi anni del cinema, come quelli di D. W. Griffith, questo dice le stesse cose ed è visivamente costruito come un film di adesso; se penso al piccolo progresso che c’è stato in questo campo mi rattristo. Si può fare molto di più e io faccio questo lavoro perché non esistono i film che vorrei vedere, con i personaggi che mi affascinano. Se qualcuno facesse questo, io andrei al cinema. Nessuno li fa, ed è per questo che sono un regista. Non che mi disturbi, anzi, mi rende felice.-
In conferenza stampa qui a Venezia Korine sembra un Punk cattivo appena scappato di casa. Insulta i giornalisti e le loro domande svogliate. Finite le interviste esce dalla sala e ferma la gente per dare personalmente gli inviti per la proiezione del suo film. Torna in America e va ubriaco in televisione.
- Lavoro duramente per fare film che non possono essere descritti a parole, perché sono abituato a vedere storie che chiunque può poi riferire semplicemente a parole. E questo è troppo semplice. Non voglio che si possa fare questo dei miei film.-

Korine non sarebbe minimamente interessato alla divulgazione della storia della sua vita e usa le interviste farsi dipingere come un poeta drogato e maledetto che ama farsi fotografare con la barba di due giorni ed apparire come sfrontato e pretenzioso alle conferenze stampa.
Chi ama il suo cinema capisce che “il personaggio” Korine cozza con la sensibilità con cui tratta personaggi delicatissimi, cozza con l’amore e il rispetto verso i diversi che animano le opere. Cinema e immagine pubblica sono due mondi così distanti che sembra quasi che Korine ci inviti a lasciar perdere il suo personaggio e a buttarsi direttamente nella sua filmografia.
- Non mi piacciano le interviste, vorrei arrivare al punto in cui devo smettere di promuovere me stesso, vorrei solo fare film e lasciare che escano. Vorrei arrivare al punto di non dovere spiegare le cose.-

E’ proprio per questa sua attitudine con i media che ci riesce difficile sapere esattamente qualcosa sul suo passato. Risponde distratto alle domande sulla sua infanzia e si diverte a dare versioni completamente diverse ad ogni intervista.
- Non so neanche che mestiere facesse mio padre, se ne andava per lunghi periodi e a volte spariva anche mia madre. Non sapevo chi erano, che cosa facessero. Non sono stati cattivi genitori e quando mio padre tornava a casa mi portava soldi o regali, per questo gli volevo bene. Gli ho chiesto recentemente che genere di lavoro fa, ma non mi ha risposto. (…) Ho letto sul certificato di nascita che mio padre è un commerciante di pellicce, ma non glien’ho mai visto né indossare una né fare discorsi da pellicciaio.-
Non c’è da stupirsi se altrove racconta di essere cresciuto in una comune Trotzkista in cui tutti, invece che praticare l’amore libero, se ne andavo a spasso per il Tenesee a fare propaganda e a bruciare chiese.
Il padre era invece un documentarista-montatore che portava spesso il figlio al cinema dove Korine si innamora della sacra e tragica bellezza di Buster Keaton per poi conoscere e amare il cinema personale e diverso di Herzog e Fassbinder, due autori con cui si sente di condividere l’ “attitudine cinematografica”.
Korine ha la passionalità fisica dell’ Herzog di “Anche i nani hanno cominciato da piccoli” e di “Aguirre”, e mantiene il modo di riprendere curioso e impietoso del grande regista tedesco. Il finale di “Furore di Dio” potrebbe essere stato tranquillamente girato dal giovane americano.
Diverso è quello che lo accomuna con Fassbinder:
– I miei film sono come una casa; alcuni sono pavimento, altri sono muri, altri il camino. Alla fine della mia vita vorrei poter vivere in questa casa.- diceva del suo cinema.
- Amo quest’idea, il suo modo di lavorare intensissimo: in un anno ha girato nove film – spiega Korine –Sono due le cose che ricordo delle sue pellicole: i personaggi e alcune scene. Non ricordo mai la storia e Fassbinder era grande proprio a mostrarti scene personalissime che nessuno saprebbe mostrarti.-
Nei film di Korine, guarda caso, non esiste un plot vero e proprio ma un macero di situazioni paradossali, una fanghiglia di tagli di censura altrimenti impossibili da mostrare. Non rimane nulla della classica struttura di sceneggiatura che viene insegnata agli aspiranti sceneggiatori.
- Detesto le scuole di cinema, mangiano l’anima del cinema. Lì diventare regista fa parte di un processo di studio, ed è solo spazzatura. Tutti questi ricchi ragazzi che prima volevano fare i dottori ora vogliono fare i Filmmakers ma hanno una esperienza di vita nulla e scriveranno merda come chiunque altro. E’ perfetto per andare a Wollywood e incontrare produttori perché sono degli stronzi anche loro. E’ per questo che non vado quasi mai al cinema.-
Sono altri i modi per diventare registi.

Continua…

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