hideout

cultura dell'immagine e della parola

Sogni di prostituta

Sogni di prostituta

Aurelio Grimaldi sembra ormai fare sul serio: dopo le osservazioni ora ironiche ora sarcastiche de “Le Buttane”sulle sue quattro prostitute palermitane e dopo notevoli concessioni a un cinema trash-commerciale (vedere alla voce “macellaio”) si concede una digressione cinematografica che guarda tanto al cinema pasoliniano quanto al melodramma partenopeo.
Trasportando Mamma Roma a Napoli il regista ripropone il tema della prostituta che tenta in tutti i modi di riscattarsi socialmente (aprendo una bancarella di fiori e di dolci) e moralmente, forse redenta dalla possibilità di una seconda vita che la trascini fuori dalla strada e volta a ricostruire il rapporto che la lega al suo unico figlio, Fernando, allevato in un orfanotrofio.
La scelta del bianco e nero conduce lo spettatore in un territorio pieno d’angoscia ma anche di quella vitalità propria del riscatto sociale. Il destino porterà Rosa a tornare, per ragioni economiche,sulla strada e la farà scontrare con il figlio ingrato.
Ida di Benedetto, qui nei panni di Rosa sembra rifarsi più alla Loren che alla Magnani regalandoci in ogni modo un’interpretazione molto forte e appassionata.
A tratti sopra le righe (sia nella citazioni shaekspiriane sia nel personaggio interpretato da Fatastichini, cattivo doc del cinema italiano) Grimaldi sottolinea come l’esistenza dimenticata e infelice della sua protagonista possa veramente trovarsi negli alloggi dimenticati e nelle strade di periferia e come la disperazione di una madre si scontri con un destino oramai ineluttabile. Sebbene il mito del benessere e le feroci speranze di rispettabilità borghese sono analizzate in maniera abbastanza macchiettistica (specie nella rappresentazione della solita “piccola” Italia fatta di imbrogli, malcostume, speculazioni edilizie e falsi moralismi) i proletari di Grimaldi portano con loro una carica emotiva molto interessante. Infine bisogna dire, che ciò che con Pasolini poteva essere slancio di denuncia quarant’anni fa qui si riduce in un ritratto (pur bello) ma solo in un ritratto.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»