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Black TV

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“Malcolm X ha cambiato la mia vita. Ha cambiato tutto: il mio modo di pensare, il mio modo di sentire, il modo in cui mi rapportavo al mondo. Ha reso tutto più chiaro. In ogni mio film c’è un riferimento a Malcolm.”(Spike Lee)

Nell’ultimo film, distribuito in Italia con due anni di ritardo, il riferimento a Malcolm X è già nel titolo: Bamboozled, letteralmente “turlupinati”, citazione da un discorso del grande leader, che compare in una breve inquadratura tratta dal film omonimo girato dallo stesso Lee dieci anni fa.
Ma se Malcolm attaccava tutto il sistema mediatico, colpevole di rappresentare i neri in modo falso e ingannevole, il regista si sofferma sul media oggi fondamentale, la televisione che, pur in modo più raffinato di decenni passati, non è meno falsa nel rappresentare con stereotipi gli afroamericani.
Se rinuncia alla coralità e all’analisi interrazziale che caratterizzava il penultimo e bellissimo “S.O.S.-Summer of Sam” per tornare a uno sguardo più legato a problemi odierni della comunità nera, non viene meno ai suoi temi e al suo stile in questo pamphlet satirico, né alla rabbia e al coraggio nell’affrontare temi complessi e attuali, che caratterizzano la sua carriera.

Lo stile è quello di sempre (inquadrature e montaggio non convenzionale, black music sempre presente a creare quasi un lungo videoclip per capirci); il tentativo di fare una riflessione satirica sul razzismo televisivo contemporaneo americano, poteva essere uno spunto per un ottimo film (per un regista che di ottimi film ne ha fatti tanti, dal mitico “Fà la cosa giusta”, al jazzistico “Mo’better blues”per non parlare di “He got game” o del partecipe agiografico “Malcolm X” fino al film del 2000 già citato…) ma nel raccontare la vicenda di Pierre Delacroix (Damon Wayans, ottimo, dai battibecchi con Bruce Willis ne “L’ultimo Boyscout” ne è passata di acqua sotto i ponti…) creativo televisivo che rivisita i “Minstrel show” con attori dipinti di nero, trovando il successo, Lee colpisce meno nel segno, che in precedenza.
Coraggioso e inedito nel riflettere criticamente sulla propria comunità (la posse rap rappresentata, è banale e conformista quanto la Tv, lo stesso protagonista è discutibile) sembra meno riuscito nel descrivere il potere di assorbimento mediatico di ogni fenomeno ( lo spot di Tommy “Hillnigger” rende , però, bene l’idea…) e il film non ha la compattezza che ci si poteva aspettare, e alla fine il pamphlet satirico non è poi così graffiante ( anche se in patria, di polemiche, ne ha suscitate).

La rabbia sincera e il coraggio con cui sceglie di confrontarsi con temi difficili, oltre all’intelligenza del suo cinema non sono in discussione. Semplicemente, ci si aspettava di più.
Non rimane che aspettare il prossimo “Spike Lee Joint”, “The 25th hour” con Eddie Norton… sperando in un maggior tempismo delle nostre case distributrici.

Da antologia, l’agghiacciante montaggio finale del razzismo hollywoodiano ( da Disney, a Shirley Temple) e impressionante l’oggettistica americana di fine ’800 (con, ovviamente, soggetti neri) presente per tutto il film e come sfondo ai titoli di coda.
Brava (e bellissima) Jada Pinkett-Smith.

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