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cultura dell'immagine e della parola

Le reti tristi

Le reti tristi

Ognuno ha la sua favola da raccontare. Anche Lampedusa. Il regista Crialese al suo debutto dice di aver ripreso una leggenda del posto e di averla trasformata a suo modo. La realtà è che si incontra in tutto il film uno sfondo immaginifico e una sorta di sogno e morbidezza fatata, nei respiri, nelle parole, nei gesti di ogni attore. Sembra che tutti gli abitanti si lascino trasportare in gesti primitivi, in movimenti morbidi e passionali.

Valeria Golino è Grazia, gioviale donna con tre figli, alquanto bizzarra e affascinante, ma anche ghiacciata e passionale. Vive a Lampedusa, con il marito Pietro (Vincenzo Amato); pescatore, diviso tra l’amore per la moglie e il disprezzo della comunità per la “diversità” di lei.

Nei tuffi improvvisi in acqua, nelle corse e le botte tra ragazzini, nel pesce da raccogliere di notte: tutto assume una sorta di catena primordiale del cibo, della mente. Ognuno ragiona attraverso il sentimento del minuto, e così Grazia si butta con le scarpe in mare, Marinella insegue con gli occhi il carabiniere Pier Luigi, Pasquale non dubita a portare la madre nella grotta. Anche il villaggio poi, si rifugia nelle preghiere per cancellare il proprio senso di colpa, trasformando la donna in una sorta di santa.

La religione: simbolo e cultura del paese, muta in gallina sulla pancia di Pasquale, si trasforma poi in una branchia nel corpo di Pietro, aiutandolo così simbolicamente a sistemare la statua della madonna in fondo al mare.

Il colore e la forma: qual è il colore del respiro? Come disegneresti la sua forma?
Le immagini ti opprimono in una sola unica e definita apparizione: l’acqua.
Il blu e le bolle diventano meccanico motore della mente per darti un’ idea, una espressione di libertà sociale paragonabile alla libertà che ti da l’ espirare anidride carbonica ogni cinque secondi dai tuoi polmoni.
Inspirare – buttare fuori l’ aria.
Cercare di capire il mondo attorno – tirare fuori le proprie emozioni.

Pier Luigi, il carabiniere, è la figura a me più vicina, e non solo perché è l’unico del nord che non conosce gli usi e i costumi dell’isola, ma perché è la sola persona che rifiuta i suoi istinti, ma alla fine, ne viene contaminato, negli occhi e nell’agire, nel prendere le galline, nell’amare.
Il figlio di Grazia, Pasquale, scappa dalla dipendenza, dal lavoro, dalla famiglia, nascondendo prima la madre in un nuovo ventre, riscattando così il ventre di feto;
poi sviene, cullato dal suo respiro lento e poco nevrotico.

L’immagine: gli occhi di Golino e i suoi gesti, gli occhi grigi che guardano il figlio, le sue tende bianche di pizzo che velano e nascondono il dolore del respiro nascosto, della voglia di vivere l’amore come “Grazia”.

Ognuno ha la sua carabina. Sembrerebbe solo A Lampedusa.

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