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Corso pratico di felicità

Corso pratico di felicità

L’Italia, dagli abitanti dei paesi nordici, deve essere vista come una specie di paradiso nel quale, in quanto a savoir-vivre, gli indigeni hanno ben poco da imparare; un paese i cui abitanti, di fronte alle avversità dell’esistenza, non sembrano pigliarsela più di tanto. Una sorta di fatalismo sembra essere, per gli stranieri, uno dei tratti più caratteristici del nostro popolo; una costante del nostro codice genetico. E’ anche possibile che sia così.
L’Italia, vista dalla periferia di una cittadina danese, deve sembrare proprio un bel posto. Una sorta di località esotica, calda e accogliente, dove la voglia di vivere si legge su ogni sorriso. Non è certo che sia proprio così; ma se facciamo il confronto forse si vince noi.
Il corso di italiano che seguono i principianti di questo bel film è un corso che insegna, se non altro, a cercare di non essere soli.
Intorno a questo corso di lingua ruotano le esistenze di un piccolo gruppo di individui, tutti più o meno sgambettati da Fortuna durante il cammino di lor vita; tutti accomunati da una solitudine lacerante.
C’è un pastore, il quale ha da poco perduta la moglie.
Una donna che vede morire la madre alcolizzata.
Un rude tifoso della Juventus che perde il posto di lavoro.
Un portiere d’albergo, impacciato e goffo, sessualmente impotente da quattro anni.
Un’ altrettanto impacciata pasticcera, che ha appena trovato morto il tirannico padre col quale viveva.
Gesù, che tristezza! verrebbe da dire. Eppure questa umile pellicola ha il gran pregio di non fare perdere il sorriso neanche una volta. Progressivamente i personaggi di questa storia si riuniscono intorno alla cattedra del corso di Italiano e le loro relazioni si intrecciano: sbocciano nuovi amori, addirittura parentele nascoste.
Imparare l’Italiano diventa un pretesto per vincere la solitudine, il dolore, e trovare negli altri una ragione per amare la vita.
Il valore di Italiano per principianti sta nella sua semplicità: senza preoccuparsi di sembrare banale o scontata, senza timore di cadere nel luogo comune o nel retorico, la regista Lone Scherfig, qui al suo terzo lungometraggio, è riuscita creare un opera lontana da tutto ciò; a parlare di sentimenti e di felicità si rischia sempre molto, eppure questo piccolo film, profondo e leggero allo stesso tempo, mette in scena la vita, pura e semplice, come raramente accade di vedere.
Non discostandosi da temi cari al cinema nordico (difficili relazioni familiari, tragedie improvvise, fede religiosa vissuta problematicamente) questa pellicola danese risolve positivamente il problema dei rapporti umani nel segno di una delicatezza tutta femminile: e gli uomini in questione, un po’ spauriti, si lasciano guidare da queste donne coraggiose e ostinate.
L’epilogo veneziano (città eletta negli ultimi tempi a meta esclusiva di chi cerca sé stesso, vedi Pane e tulipani e Lunedì mattina) ci porta d’improvviso nell’esotico paese che per questi strani danesi era sinonimo di serenità: e la trama si risolve tra le calli e i canali di una Venezia un po’ astratta, e per questo ancora più bella.
Finito il film ci si è un po’ affezionati ai personaggi: non sempre capita.
Girato interamente secondo il Dogma stabilito da Lars von Trier e compagni (uso esclusivo di macchina a spalla, luce naturale, set reali, e nessun commento musicale); Italiano per principianti costituisce tuttavia una sorta di opera Dogma “di seconda generazione”: questa volta l’ottimismo ha la meglio.
E’ questo un film praticamente bilingue: e irresistibile è ascoltare questi danesi parlare la nostra lingua e stropicciarne le parole. Fortunatamente l’Istituto Luce ha deciso di distribuirlo in versione originale con sottotitoli: doppiarlo sarebbe stata una pazzia.

Note: vincitore dell’Orso d’argento all’ultimo Festival del cinema di Berlino.

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