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Mondi sommersi

Mondi sommersi

Quest’anno il cinema francese è particolarmente produttivo: nelle nostre sale si vedono più film d’oltralpe che nostrani e anche se non sbancano i botteghini fanno una buona concorrenza ai prodotti americani, anche se spesso non creano una vera e propria alternativa, uniformandosi a stili e modalità hollywoodiane.
“Sulle mie labbra” arriva in silenzio: lontano dal ritmo compulsivo e dai virtuosismi di macchina di “Amelie” e del “Patto dei lupi”, si svolge lentamente, scandito dal respiro del quotidiano, raccontando i dettagli di un mondo che pare lontanissimo. Quella descritta è la dimensione di Carla, una segretaria maltrattata dai colleghi, una donna sola, dall’aspetto scialbo, praticamente sorda, protagonista incontrastata di una vita grigia e triste, fonte inesauribile di frustrazione. Una realtà segnata soprattutto dal suo handicap che il regista mette subito in primo piano, fin dalla prima inquadratura: il particolare di una mano che scrive e il sonoro attutito, ovattato, dell’ambiente che le sta attorno. Una percezione subacquea che introduce al mondo sommerso di Carla, che non è tale solo per la sua sordità: sotto la superficie, dietro l’apparente immagine della donna fragile, pulsa una personalità complessa, volitiva e morbosa, che si agita come un serpente prigioniero. Carla in ufficio in mezzo a carte, fax e colleghi arroganti, grigia e remissiva; Carla allo specchio nella sua stanza mentre indossa solo un paio di scarpe rosse col tacco. Sembra non avere il coraggio di liberare quel demone che la agita, sempre più affamato, e così preferisce abbassare la testa e frenarsi. Sarà Paul Angeli (Vincent Cassel); un uomo brutale e totalmente privo di inibizioni, a sollevare il coperchio. La sua presenza darà una nuova energia alla donna che rivelerà tutta l’aggressività repressa, vendicandosi sul lavoro e liberando i suoi istinti sessuali, intesa a conquistare l’amore dell’ex galeotto. La metamorfosi e la determinazione di questa donna saranno tali da renderla complice di Paul nel furto ai danni di un boss pericoloso e infine capace di piegare l’uomo desiderato alla sua volontà. Al suo desiderio di amore.

Questo film dalle atmosfere rarefatte potrebbe essere etichettato come una crime story a causa del suo intreccio, ma come spesso accade la storia è solo un pretesto per raccontare la dimensione dei personaggi. Accanto a Carla troviamo altre esistenze solitarie, disadattate e sommerse, come il giovane Paul o il folle e insospettabile sorvegliante per la libertà vigilata: vittima senza riscatto al contrario dei due protagonisti ai quali è riservato un lieto fine.
Mescolando vari generi (dalla commedia sociale al thriller); il regista crea un film in movimento, come lo sono i suoi protagonisti, improntando il suo racconto di un fine romanticismo nero. La macchina da presa, sorretta da una fotografia nitida ma tenue in cui prevalgono i toni scuri, si sofferma sui corpi e sui visi svelando una sensualità atipica e vigorosa.
Nel complesso Audiard ha confezionato un film discreto, che si fa ricordare soprattutto per la protagonista e il suo mondo di rumori oscillante fra il silenzio quasi totale e il suono amplificato e mal controllabile dell’apparecchio acustico; un lavoro interessante che però dovrà essere seguito da qualcosa di più completo per consacrare il suo regista come nuovo autore.

Note: Tre César, per la sceneggiatura, miglior sonoro e la miglior interpretazione femminile.

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