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La furia dei Titani: noia mitologica

La noia mitologica

Perseo sconfigge il mostro marino e salva la bella Andromeda da morte certa: una storia che da millenni tutti gli appassionati di mitologia conoscono molto bene. Ma cosa successe dopo? Che fine fece l’impavido eroe dai calzari alati? In nostro soccorso vengono, per fortuna, Dan Mazeau e David Leslie Johnson, gli sceneggiatori, che inventano di sana pianta “una nuova avventura, che apparisse perfettamente adeguata” a funzionare come seguito ideale del mito.

Ma la combinazione letale tra blockbuster “Usa Style” e mitologia greca, tranne in pochi fortunati casi, non ha mai prodotto risultati di pregio, e anche questa pellicola può essere inserita in questo affollato filone: ed è così che ritroviamo un attempato Zeus (Liam Neeson) che con il diafano fratello-traditore-redento Ade (Ralph Fiennes) si diverte a combattere a colpi di fulmine e onde energetiche di Dragonballiana memoria un lavico Crono. La storia non decolla mai, procedendo su topoi classici del cinema d’azione (il giovane Agenore scapestrato ma dal grande futuro come spalla del protagonista, il decaduto Efesto, vecchio e mezzo matto, che recupera l’antica gloria attraverso il sacrificio della vita non più immortale) e talvolta incagliandosi in paludi da sbadiglio, come lo scontro tra i fratellastri Perseo e Ares o l’avventura nei labirinti del Tartaro con fugace comparsa di un Minotauro, la cui presenza appare un po’ fuori contesto (colpa di una confusione tra labirinti?). Approssimazione nei dettagli, eccessiva semplificazione della trama e scarsa profondità dei personaggi indeboliscono un prodotto già di per sè inteso come “di consumo” ma che difficilmente potrà registrare incassi record al botteghino, penalizzato anche dal non poter fare leva su una storia immortale e largamente conosciuta, come nel caso del precedente episodio Scontro fra Titani. Nonostante un cast di primissimo livello, in cui Sam Worthington si misura con attori del calibro di Liam Neeson o Ralph Fiennes, non si esce dall’impressione di un film di maniera, in cui i protagonisti non caricano i propri personaggi di forti e specifiche connotazioni, ma lasciano al contrario la sensazione che molti ruoli potessero essere intercambiabili

L’utilizzo del 3D, come in altri precedenti casi, non sembra dare allo spettatore un reale valore aggiunto, limitandosi a fargli apprezzare lapilli, pietre o freccie durante le principali scene di azione, non fornendo tuttavia un motivo che valga davvero la pena della scomodità degli occhiali.

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