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Posti in piedi in paradiso: efficaci stereotipi sulla famiglia

Efficaci stereotipi sulla famiglia

In Italia i film si fanno sulla famiglia e sul sessantotto. L’ultimo film di Carlo Verdone appartiene, ancora una volta, alla prima categoria. Ma siccome non siamo più negli anni del boom o della psicanalisi, oggi il tema centrale è quello della crisi, con le sue ricadute sulla coppia. Verdone ragiona di famiglie e lo spaccato che ci presenta è impietoso. Tre uomini molto diversi sono gettati sul lastrico da altrettante separazioni e si ritrovano, forzosamente, a convivere. Il dissesto economico fa da padrone in questa storia di precarietà, lavorativa e sentimentale, ma dall’alto concentrato umoristico. Gli stereotipi non si contano, sono banali ma sempre efficaci.

Verdone sostiene di essere sempre stato molto riguardoso nei confronti delle donne ma, seppur caricaturali come il resto dei personaggi che ci presenta, quelle del film appartengono a un campionario temibile: la depressa, l’aspirante cantante, l’aspirante attricetta, la giovane trucida col naso rifatto, l’anziana ninfomane, la cinica, la svampita. Con piccole aggiunte dell’obesa e della malata di alitosi. Non un bel quadretto, dal quale si salvano solo le neonate, in attesa di macchiarsi di qualche colpa grave. Come unica attenuante c’è l’aspetto fisico: le principali protagoniste sono tutte di una bellezza piacevolmente anormale. Agli uomini in fondo non va meglio, anche se l’(auto)assoluzione pervade la pellicola. Gli uomini, nelle loro sfaccettature, sono immaturi, infantili, insicuri, idealisti, disorientati, flessibili, affamati. Delle vittime totali, anche quando hanno gravi responsabilità. Per quanto Verdone si affanni a respingere questa lettura partigiana è chiaro che il maschio italico contemporaneo dipende dalla donna per il buono e il cattivo umore, per il successo e l’insuccesso sul lavoro, per il mangiare o meno, per poter vedere i figli. Sono loro quelle forti, quelle che si pongono in modo solido di fronte alle difficoltà. I richiami all’attualità non sono nemmeno così peregrini. Solo ora approda in Parlamento la riforma del divorzio, che abbrevia i tempi della separazione e riduce costi e burocrazie. In tutta Europa si fanno sentire le iniziative delle associazioni dei padri separati che lottano per il proprio diritto a vedere i figli affidati alle madri. Molti comuni si organizzano per portare assistenza ai nuovi poveri, i padri divorziati, con due famiglie da mantenere nonostante lavori sempre più precari e una giustizia spesso a loro ostile.

Verdone sostiene che stare insieme sia un lavoro e che “oggi si aggiornano i sentimenti come gli antivirus, è un decadimento morale che diventa etico, una spirale”. È però un’analisi sulla crisi dei valori che pone al centro la famiglia tradizionale, che non considera le sfaccettature delle nuove famiglie, di tante realtà che vivono nonostante un diritto di famiglia obsoleto e distante da quanto avviene nella società, dove molte trasformazioni sono già avvenute, e non da poco. Rimane però un’analisi per molti versi veritiera, e come tale coinvolgente e se vogliamo ancora più amaramente comica, nell’infilarsi di battute e situazioni surreali dal sapore agrodolce. Un film ben recitato da un ottimo cast, che vede l’unica speranza nelle nuove generazioni, al maschile come al femminile. Responsabili, volonterosi, istruiti, impegnati (come lo erano i genitori). C’è da sperare che a loro vada diversamente.

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