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Cesare deve morire: un film d’oro tutto italiano

Un film d'oro tutto italiano

A distanza di cinque anni dall’ultimo film (La masseria delle allodole, 2007), Paolo e Vittorio Taviani, ormai ottantenni, tornano al cinema con Cesare deve morire, film vincitore dell’Orso d’oro all’ultima Berlinale, per il quale si servono delle maschere della sezione di Alta Sicurezza del carcere di Rebibbia di Roma per mettere in scena il Giulio Cesare di Shakespeare.

La pellicola presenta una struttura ciclica evidenziata non solo da un punto di vista diegetico (il film inizia e finisce col finale), ma anche dall’espediente stilistico del colore: i sei mesi impiegati da Fabio Cavalli e la sua “compagnia teatrale” alla preparazione della rappresentazione sono marcati da un bianco e nero ricco di contrasti che finisce per riempirsi di colore in quella che risulta essere la sequenza dell’effettiva messa in scena in pubblico dello spettacolo; è questo un modo per caricare di peso non tanto il risultato finale, quanto più il lavoro sugli attori (i detenuti), i quali, concentrandosi sullo studio dei personaggi assegnatigli e nella finzione della recitazione, si soffermano forse per la prima volta su se stessi, immedesimandosi nei characters delle amicizie spezzate, dei tradimenti, degli omicidi e della sete di potere della tragedia del Bardo dell’Avon.

Il film sbatte in faccia la condizione dei detenuti in Italia (detenuti, ma pur sempre esseri umani) attraverso il mezzo cinematografico: una successione di primi piani nella sequenza dei provini per la scelta degli attori mette faccia a faccia recluso (che pur non si vergogna di gridare al mondo le proprie generalità come se volesse ricordare la propria esistenza) e spettatore, lasciando che quest’ultimo vi si specchi fino a riconoscersi (e ri-conoscerlo). Costruito secondo un ritmo interno ed esterno essenzialmente lento e sorretto da alcuni tratti tipicamente neorelistici (come l’utilizzo di attori non professionisti e dei dialetti meridionali in stile La terra trema di Visconti), Cesare deve morire ri-fornisce di senso e prestigio il cinema italiano d’autore. Quello vero, ovviamente, capace di emozionare.

Curiosità
L’idea del film è sorta nei fratelli Taviani dopo aver assistito a uno spettacolo teatrale nello stesso carcere di Rebibbia in cui i detenuti recitavano alcuni canti de L’inferno di Dante.

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