Giochi da maschiaccio
Storia di un “maschiaccio” (il Tomboy del titolo) in cerca di identità e, più universalmente, romanzo di formazione pre-adolescenziale, l’opera seconda della Sciamma, dopo Naissance des pieuvres del 2007, racconta con delicatezza e profondità i dubbi e la confusione che accompagnano l’infanzia. Il volto di Laurie, scaltro e imperscrutabile, è quello di Zoé Héran la cui postura precaria e l’incredibile naturalezza dei gesti insicuri rendono difficile immaginare un’altra attrice in quel ruolo. La protagonista è sempre al centro dell’inquadratura spesso ripresa di spalle e in movimento mentre i continui campi stretti tentano invano di intrappolare la vitalità dei bambini soffermandosi su particolari di gambe, mani e volti mai fermi. La fisicità innocente dei corpi sempre vicini e il bisogno continuo di contatto e complicità tra ragazzi sono poi accentuati dalla scelta di far interpretare i compagni di giochi da veri amici di Zoè e la sorella Jeanne da una spassosissima Malonn Lévana.
Giochi nel bosco
L’acustica è ricca di rumori di sottofondo, grida, risate, sibili del vento e bisbigli degli adulti e tutti i passaggi importanti sono associati al gioco: di famiglia, di identità, di puro divertimento, dalla partita a pallone al travestimento. Gli spazi aperti e magici del bosco diventano il luogo della ricerca della propria natura dove abbandonare un vestitino troppo da femmina o sputare a terra per sentirsi maschi mentre lo specchio, a volte sostituito dallo spettatore, è il testimone delle trasformazioni fisiche che Laurie osserva con curiosità e diffidenza. Tomboy è un inno alla scoperta e alla diversità dove non essere come gli altri è un valore, anche se fonte di disillusione. Senza esasperare o sottolineare, la regista risolve con leggerezza ed ironia momenti di possibile morbosità accostando lo sguardo garbato di Rohmer a quello lucido, depurato di distacco e cinismo, di Larry Clark.
Curiosità
Il film ha registrato un grande successo in Francia, ha vinto il Teddy Award all’ultimo Festival di Berlino e il premio del pubblico al 26° Torino GLBT Film Festival. La Sciamma ha scritto la sceneggiatura in tre settimane e le riprese sono durate 20 giorni con una troupe di 15 persone. La regista ha dichiarato che tra i suoi cineasti preferiti vi sono Arnaud Desplechein, Eric Rochant, Gus Van Sant, Larry Clark e David Lynch.
A cura di Raffaele Elia
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