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cultura dell'immagine e della parola

Per un pugno di film
Venezia 68 – 31/08

Ryan Goslin in una scena di Le Idi di MarzoSiamo gente che per un pugno di film si rinchiude a dormire in una stanzetta da dieci persone, docce in comune, come al militare. La valigia doveva essere leggera, quindi molto presto le mie magliette finiranno in ammollo nel lavandino. Ma siamo in guerra, baby, e quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto.
Mai avuta una pistola io. Figuriamoci un fucile. Posso avere massimo un occhio in più tatuato sulla schiena.
Qui la guerra di chi ce l’ha più grossa, l’arma, è già iniziata. E qualcosa nelle Idi di marzo di George Clooney mi spinge a dire che il sentiero imboccato è quello giusto. Quello che ti porta a scontrarti in un duello mortale, un corpo a corpo che sa di vecchio west.

Gosling affronta Clooney in una cucina, nella penombra che oscura i volti, gambe larghe quasi a tenere su un cinturone invisibile. E gli spari partono, quei proiettili della parola che fanno più male: retorica, magheggio, ricatto, contro sincerità, trasparenza, lealtà.

Venezia inizia con un film di guerra e con un film sull’epidemia che sta affossando la società: la corruzione come una malattia si insinua in tutti i protagonisti del film, che ne portano addosso i segni. Ognuno alla fine ne esce ferito (anzi, non ne esce proprio), Goslin più di tutti. La sua trasformazione da uomo ad automa, da umano ad alieno, da bello e buono a cattivo è visibile nei suoi occhi, nella postura. E tutto quello che viene raccontato non è che il preludio, la genesi del mondo come lo conosciamo oggi.
Cosa teneva in mano Goslin, la pistola o il fucile? A quanto pare questo è un nuovo tipo di duello: quello in cui riesci a rubare tutte le armi e le usi per fare una strage. Di te stesso e di chi ti sta attorno.

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