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Sbirciare Venezia: Orizzonti

Hail di Amiel Courtin-WilsonDa sempre è la sezione più sperimentale e di ricerca. Tutto ciò che il cinema è e sarà lo si vede prima a Orizzonti. Fortemente voluta dal direttore uscente Marco Müller (Ripensaci! Fermatelo! Non abbandonarci!) negli ultimi anni ha proposto numerose opere prime e seconde, progetti sperimentali, commistioni da cinema e video arte (è sempre La Biennale, no?) e nuovi… orizzonti.

Quest’anno propone 22 lungometraggi, 27 tra corti e medi e 4 eventi. Un programma ricco inaugurato da Cutdell’iraniano americano Amir Naderi – uno dei beniamini dei cinefili duri e puri – che vede poi il ritorno al Lido per la quarta volta di Shinya Tsukamoto (il papà di Tetsuo), un documentario di Jonathan Demme (che indaga il post Kathrina), il secondo film da regista di James Franco (bipic su Sal Mineo, uno degli interpreti di Gioventù bruciata) autore da non sottovalutare e personaggio sempre imprevedibile, il nuovo film del guru del teatro Pippo Del Bono, la versione di Marina de Van di Pollicino (assai hot e con un orco davvero inquietante), una Stefania Rocca generosa e in preda alla passione per l’esordio nel lungometraggio del belga Nicolas Provost e il ritorno di Pietro Marcello che con Il silenzio di Pelešjan propone quello che sulla carta sembra uno dei lavori più interessanti della mostra. E poi il primo film girato alle isole Samoa, un melodramma cileno, un documentario sulla movida di Tel Aviv, film muti, film di ricerca, film in pellicola e film in digitale.

Moltissimi i video artisti e gli autori provenienti dal mondo dell’arte contemporanea. Ma d’altronde è difficile stilare un confine tra videoinstallazione e cinema e la compenetrazione tra i due mondi è sempre più frequente (per esempio, banalizzando, l’ultima Palma d’Oro The Tree of Life). E allora succede che autori affermati come Rirkrit Tiravanija (uno dei vide artisti più noti e rappresentativi) scelga di oltrepassare quella sottile linea di confine e realizzare un documentario.

Tutto può succedere in Orizzonti, perché le opere scelte hanno come limite solo l’immaginazione dei propri autori, spesso impegnati a spingere il mezzo oltre i confini già visibili, ridefinendoli, reinventandoli e ricostruendoli più labili e mobili.

In Orizzonti:
Cut di Amir NADERI (Giappone
L’Oiseau di Yves CAUMON (Francia)
Hail di Amiel COURTIN-WILSON (Australia)
Nocturnos di Edgardo COZARINSKY (Argentina)
Amore carne di Pippo DELBONO (Italia)
I’m Carolyn Parker: the Good, the Mad and the Beautiful di Jonathan DEMME (Usa)
Sal di James FRANCO (Usa)
Whores’ Glory di Michael GLAWOGGER (Australia, Germania)
Die Herde des Herrn Jultak dongshi (Stateless Things) di Romuald KARMAKAR e KIM Kyungmook (Corea del Sud)
Girimunho (Swirl) di Helvécio MARINS JR. e Clarissa CAMPOLINA (Brasile, Spagna, Germania)
Photographic Memory di Ross McELWEE (Usa)
L’Envahisseur (The Invader) di Nicolas PROVOST (Belgio)
Shock Head Soul di Simon PUMMELL (Paesi Bassi, Gran Bretagna)
Two Years at Sea di Ben RIVERS (Gran Bretagna)
Anhey ghorhey da daan (Aims of the Blind Horse) di Gurvinder SINGH (India)
O le tulafale (The Orator) di Tusi TAMASESE (Samoa)
Lung Neaw Visits His Neighbours di Rirkrit TIRAVANIJA (Thailandia, Messico)
Verano di José Luis TORRES LEIVA
Kotoko di Shinya TSUKAMOTO (Giappone)
Le Petit Poucet di Marina de VAN (Francia)
Cisne (Swan) di Teresa VILLAVERDE (Portogallo)
Wokou de zongji (The Sword Identity) di XU Haofeng (Cina)
Would You Have Sex with an Arab? di Yolande ZAUBERMAN (Francia)

Orizzonti Eventi
The Annunciation di Eija-Liisa AHTILA (Finlandia)
Il silenzio di Pelesjan di Pietro MARCELLO (Italia)
Birmingham Ornament di Yuri LEIDERMAN e Andrey SILVESTROV (Russia)
Monkey Sandwich di Wim VANDEKEYBUS

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