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L’entertainement post 11/9

L’entertainement post 11/9

In principio erano i giocattoli, poi furono i cartoni animati e alla fine l’idea si è fatta franchise: nascono i Transformers di Micheal Bay, un film che nasce da giocattoli, ritrasformandoli in merchandising. Niente di più facile se ti chiami Micheal Bay, mago degli effetti speciali, erede della grandeur della Hollywood che fu (con annesso americanismo) e furbo creatore di blockbuster. Il franchise Transformers era in effetti un successo annunciato, grazie alla possibilità di riunire azione, effetti speciali e nostalgia anni Ottanta. E infatti, dopo un divertente primo capitolo – Transformers (2007) – e un deludente secondo film – Transformers – La vendetta del caduto (Transformers: Revenge of the Fallen, 2009) – arriva il terzo – Trasformers 3 – capace di trasformare in realtà un immaginario visivo impressionante. Bay riesce a utilizzare tecnologie innovative e motori grafici all’avanguardia, tanto da realizzare effetti speciali impensabili anche solo fino a pochi mesi prima. In Transformers 3 alcune scene singole strappano applausi a scena aperta per la fattezza visiva e spettacolare, e il film mantiene le promesse, regalando oltre due ore fracassone, dove dei robot se ne danno di santa ragione.

La visione – divertente e sopra le righe nella prima parte, più lenta nella seconda – concede quello che promette: buon entertainment per i ragazzini a cui è destinato. Ma a un’attenta analisi c’è di più. Colpisce infatti la volontà del film di scherzare con se stesso (per esempio sulla rinuncia di Megan Fox, sostituita dalla bambola bionda Rosie Huntington – Whiteley), ma anche la sfrontatezza con cui Bay inserisce una vena coeniana affiancando il già coinvolto John Turturro alla new entry Francis McDormand, per non parlare di uno stralunato John Malkovich, laido e con un ossessione per il colore giallo.

Poi c’è l’immaginario collettivo messo in campo. Dal primo passo sulla Luna al post 11 settembre. Infatti, curiosamente come succede anche nel contemporaneo X-Men: L’inizio (X-Men: First Class, 2011) con la crisi della Baia dei Porci, in Transformers 3 un grande evento della Storia viene raccontato attraverso un retroscena legato al franchise. Si scopre infatti che l’allunaggio del 1969 era in realtà una missione per studiare un Autobot schiantatosi sul lato oscuro della Luna. Un evento seppellito e dimenticato, riportato alla luce, a Guerra Fredda finita, dai Decepticon (terroristi?) che si organizzano nel deserto e fanno esplodere città e grattacieli, passando per Chernobyl. Una chiave di lettura post 11 settembre evidente, infarcita da battute tamarre («i decepticon hanno i giocattoli migliori»), dichiarazioni d’amore al militarismo, sciabolate contro la crisi e risvolti femminili inaspettati (il colpo di grazia al Megatron è in effetti inferto dalla bambola bionda con tacco 12 anche in mezzo alla battaglia). Il risultato e un cazzonissimo minestrone bipartisan, a tratti irresistibile a tratti insostenibile. Una dichiarazione d’intenti autoriale evidente già dall’incipit: dopo la bella scena dell’allunaggio, partono i titoli di testa che si chiudono sul primo piano del culo di Rosie Huntington – Whiteley. Quando si dice trasformare l’alto in basso e viceversa.

Curiosità
Un film davvero strabiliante per investimento ed effetti speciali, tanto che ben 15 mila persone hanno collaborato alla sua realizzazione. Un lavoro impensabile da realizzare in così poco tempo e infatti il buon Bay ha riutilizzato alcune scene di The Island. Non ci credete? Guardate qui.

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