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Spegnere la luce per affrontare il buio

Spegnere la luce per affrontare il buio

Massimo Coppola, per il suo primo lungometraggio di fiction, sceglie di portare sul grande schermo due storie, due giovani donne, due universi lontani che tentano lentamente di avvicinarsi e a volte collidere. Eva e Anna provengono da due realtà diverse ma sono legate da un filo conduttore: l’alienazione generata dal loro lavoro (quello in fabbrica) e la costante sensazione di paura e incertezza con cui entrambe convivono. Proprio tramite i problemi di queste piccole donne Coppola sceglie di sfiorare – dal punto di vista delle due giovani protagoniste – temi politici e sociali come immigrazione e precariato. Con il pregio di non cadere nello stereotipo dell’esule rumena.

Eva fuggendo da Bucarest fugge anche da se stessa, ma allo stesso tempo si cerca, non vuole perdersi. Anna invece ancora non riesce a muoversi, rimane immobile, fossilizzata nelle proprie paure. E queste due caratteristiche vengono raccontate da Coppola anche nella messa in scena. Si tratta del suo primo film di fiction, ma il linguaggio resta quello documentaristico, imparato a Mtv con la trasmissione cult Avere vent’anni e raffinata in ben tre film successivi. E anche in Hai paura del buio è il suo sguardo da documentarista, con grande utilizzo di macchina a mano, che si concentra sul macro e il micro dell’universo conosciuto da Eva e Anna, dai piccoli dettagli dei corpi o dei gesti, fino ad ampi e profondi paesaggi, con sapiente uso della colonna sonora. Molto spesso i rumori si trasformano in musica: le vibrazioni del treno in corsa si mescolano alle note dei Joy Division. La tensione musicale si alterna al silenzio più assoluto, la musica scompare proprio quando sembra stia per esplodere. In questo modo Coppola cattura l’attenzione, gioca con le emozioni, movimenta il suo film, anche senza l’uso di azioni o parole.

Almeno per tutta la prima parte, perché sul finale Coppola diventa Eva, evidentemente il suo personaggio preferito, e la fa parlare a lungo, spiegare, probabilmente raggiungendo un eccesso. Un dialogo che pone delle basi temporali, che dona risvolti e ci fa capire che i percorsi delle due ragazze saranno destinati a incrociarsi in un indefinibile futuro, quando entrambe riusciranno a raggiungere la propria stabilità. Il “buio” altro non è che la paura insita in ognuno di noi. Mentre Eva sceglie di affrontarlo e riesce a vincerlo, Anna si prepara all’inizio del suo viaggio, alla sua emigrazione verso un futuro migliore. In fondo il buio è dentro ognuno di noi, bisogna solo individuarlo, capire di cosa si tratta e alla fine, avere il coraggio di spegnere la luce.

Curiosità
La storia di Anna è ispirata a una puntata di Avere vent’anni nella quale Coppola incontrava Iolanda, una giovane operaia di Melfi che, come la protagonista, lavorava di notte alla linea di produzione della Fiat.

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