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HBO presenta:
Game of Thrones

George R.R. Martin è sinonimo di successo. D’accordo, non lo è se si riflette attentamente sulla quantità di flop prodotti e pubblicati nella sua lunga carriera di sceneggiatore e scrittore. Lo è da da quindici anni, grazie a quello che molti cultori del genere definiscono un capolavoro, ovvero A Song of Ice and Fire, le Cronache del ghiaccio e del fuoco, saga iniziata nei primi anni Novanta e che dall’agosto 1996, cioè dalla sua prima pubblicazione, tormenta un numero sempre crescente di lettori in quanto ancora non terminata dall’autore. Da quella data si sono susseguiti cinque libri tradotti in molte lingue (il quinto uscirà finalmente a luglio), stampati e ristampati, frammentati a loro volta dall’editore italiano in un numero maggiore di titoli: cinque lunghi libri che non hanno ancora messo la parola fine all’intera storia.

Ma abbiamo già usato due termini che mal si conciliano con le caratteristiche dell’autore, “saga” e “genere”. Perché se è impossibile non definire saga una storia articolata in un numero così imponente di personaggi e punti di vista, bisogna chiarire da subito che il racconto sfugge a due fondamentali e tradizionali topoi del fantasy. Primo, l’elemento magico viene inserito gradualmente e centellinato oltre ogni aspettativa. Secondo, il bene non vince quasi mai sul male. Per questo il genere non può definirsi fantasy, o per lo meno non in tutte le accezioni del termine. Al di là dell’ambientazione medievale, George Martin è quanto di più lontano vi sia da Tolkien (capostipite del genere) soprattutto per quanto riguarda l’etichetta e la cavalleria. I sette regni, e più in genere il mondo di Westeros, subiscono infatti il fascino oscuro della politica, delle trame fitte e velenose delle sue istituzioni, ragion per cui il lettore rimane affascinato da tutti i personaggi che i libri presentano, nessuno escluso.

Le Cronache del ghiaccio e del fuoco sono un luogo oscuro, di passione e incesto, una realtà in cui gli inverni possono durare anche sette anni, dove le famiglie di potere si odiano e combattono tra loro, dove la violenza è all’ordine del giorno e nessuno scrupolo può impedire ad un uomo di inseguire il proprio sogno. Per questa ragione, e per molte altre, la nuova sfida della HBO targata direttamente Benioff e Weiss, Game of Thrones, è decisamente meno ardua di quanto sia stato per la ABC portare Lost alla conclusione. La tribù di lettori di Martin, infatti, non abbandonerà mai la creatura televisiva ispirata alla serie di romanzi, che fin dal primo episodio ha fatto registrare negli States buoni ascolti. Buoni ma non ottimi come quelli inglesi, e che soprattutto stridono rispetto a quelli registrati dall’ultima produzione firmata HBO, cioè Boardwalk Empire. La seconda stagione, che racconterà il secondo libro, è già stata confermata, la critica si è espressa positivamente dopo il pilot anche e soprattutto rispetto al sontuoso e convincente cast. Lo stesso Martin ha più volte sottolineato dal proprio blog la propria soddisfazione per quanto visto nella serie, mentre le centinaia di forum che lo riguardano pullulano di commenti positivi, nonostante l’aspettativa tra i fan fosse enorme.

[img4]Rimangono però alcuni dubbi. Per concludere la serie, per mandarla in pari con quanto è stato fin qui pubblicato, sono necessarie cinque stagioni. Per arrivare a questi numeri, occorrono spettatori che vadano oltre la tribù dei fedelissimi dell’autore. Viene da pensare però che la lucida disperazione del racconto (che ha in serbo sorprese clamorose per chi non abbia letto i libri) non sia completamente adatta al grande pubblico o per lo meno a quella fetta di pubblico che si aspetta, non conoscendo i libri da cui la serie è tratta, una storia appunto più “consona” al genere. O che, peggio ancora, nella fitta rete di trame e sottotrame, si finisca per perdere, nel passaggio al tempo televisivo, tutta quella parte di background descrittivo in grado di arricchire veramente i personaggi e di ridare allo spettatore il pathos che Martin regala ai suoi lettori. Le prime due puntate in questo senso hanno già dato indicazioni. La serie sembra crescere, e se gli autori riusciranno a dosare il ritmo nella sceneggiatura come è nei libri, sarà un successo. Il sinonimo di Martin, almeno quando si parla delle Cronache del ghiaccio e del fuoco.

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