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La morte: il migliore degli affari

La morte: il migliore degli affari

«Questa storia è ispirata a fatti reali, tranne quelli che non lo sono» recitano i titoli di testa prima che il film cominci ed effettivamente, nell’Edimburgo di inizio Ottocento, due uomini chiamati William Burke e William Hare sono realmente esistiti. Erano serial killer che uccisero e vendettero cadaveri per la dissezione medica, dando così i natali ad una delle figure più caratteristiche dell’immaginario gothic-horror ottocentesco: quella del ladro (e commerciante) di corpi. Proprio questo sono Burke ed Hare la nuova coppia scelta da Landis per lo schermo: imprenditori ante litteram dalla vista più lunga di quella dei loro concittadini, capaci di vedere, seppur ancora embrionalmente, quello che la Storia avrebbe in seguito ampiamente dimostrato, ovvero il connubio proficuo tra capitalismo e morte. John Landis recupera questa vicenda incredibile avvenuta nell’Europa illuminista e la trasforma in una black comedy irriverentemente anti-illuminista e anti-positivista, dove sono proprio i pilastri della società occidentale ad essere messi alla berlina. Fondamenta, a partire da allora fino a oggi, chiamate progresso scientifico e economia capitalista. In Ladri di cadaveri – Burke & Hare, il regista si diverte a mettere completamente sotto sopra il punto di vista dello spettatore, mostrandoci una scienza che, alla stregua di un antico rito pagano, vuole vittime da immolare al suo credo e un’economia di mercato che non solo non si ferma di fronte alla morte, ma addirittura ci vede una proficua fonte di guadagno. Esemplare, da questo punto di vista, è il personaggio del dott. Knox, silenzioso complice dei delitti dei due amici. Quest’uomo vanitoso e fiero del suo sapere e del suo lavoro (una mappatura anatomica del corpo umano ottenuta attraverso la fotografia) si comporta alla stregua di un prete della Santa Inquisizione: la scuola di anatomia è chiesa e sala di tortura, le foto dei corpi un ex voto ad majorem dei gloriam (dove la divinità è rappresentata, in questo caso, dalla medicina). E saranno proprio questi ex voto forniranno una testimonianza fondamentale.

William Burke, il più timido e influenzabile dei due, è un Simon Pegg impeccabile che agisce per amore nei confronti di un’attricetta. William Hare invece, un Andy Serkis finalmente in carne e ossa (c’è lui dietro la maschera digitale di Gollum in Il Signore degli anelli) è un marito appassionato, ma animato da un senso cinico e arrivista. Una nuova coppia comica da perfetto buddy movie che si affianca a quelle già create magistralmente da Landis (da The Blues Brothers a Una poltrona per due) che riesce a trasformare gli omicidi in un normale evento della Storia. Tale effetto obbedisce allo sguardo ironico con cui Landis osserva i suoi personaggi, inducendoci ad assolvere un assassino come Burke. In realtà, gli spettatori hanno già assolto tutto sin dall’inizio.

Ciò che rende nera questa commedia, dunque, non è la morte ma il modo disinvolto con cui si sposa al “capitalismo” e alla scienza. Le espressioni comiche dei volti di Simon Pegg e Andy Serkis diventano maschere con cui, non solo il regista diverte il suo pubblico, ma allo stesso tempo lo irride, mettendo alla berlina quei valori su cui l’occidente ha posto le sue basi, appunto. Una sorte, quella del pubblico, che sembra essere condivisa dagli stessi personaggi del film, in particolar modo da Burke: quando esclama un esasperato «Per l’amor del cielo» rivolto alle guardie che gli impediscono di consumare il tanto agognato amplesso con la sua bella attrice, sembra rivolgersi in realtà allo stesso regista, che si diverte a rimandare continuamente la tanto desiderata notte. Cinica e cattivella nelle dosi giuste, l’ultima commedia di John Landis non colpisce violentemente, ma pungola, sebbene sia ben più sarcastica di quello che lascia intendere alla prima visione. Da non sottovalutare una delle inquadrature finali, quella in cui compare (a sorpresa) il giovane Charles Darwin: una volta visto Ladri di cadaveri – Burke & Hare, infatti, capiamo bene a quali conseguenze possa dar luogo il concetto di “selezione della specie”.

Curiosità
Nel film sono presenti cameo di gran lusso per omaggiare il cinema gotico: da Christopher “Dracula” Lee, al regista Micheal Winner e soprattutto al mitico creatore di effetti visivi Ray Harryhausen. Per riconoscerli si consiglia di guardare i titoli di coda.

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