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Il buon, brutto Cattivo

Il buon, brutto Cattivo

La geniale sintesi di tutta una vasta filmografia di ‘villain’, cinematografici e non, la rivela Megamind quando, di fronte all’esterrefatto avversario, dice che “La differenza fra un cattivo e un super-cattivo sta nelle entrate in scena: e le mie sono spettacolari!”. Perché non di sola malvagità vive l’anti-eroe ma anche di pirotecniche apparizioni sul proscenio. Il Joker di Jack Nicholson insegna. Inserendosi nel filone dei film sui super-eroi (l’inarrivabile Gli incredibili) ma con l’ormai à la mode rilettura dello stereotipo del cattivone – Cattivissimo me e, in misura diversa, Il cavaliere oscuroMegamind è un one-man-show di un genio del Male che si trova di fronte al capovolgimento del classico assunto di migliaia di film, fumetti ed epiche: cosa accade quando non è il Bene a trionfare e il buono viene sconfitto? Qual è il superamento della Sindrome di Wile E. Coyote? Ecco, dopo un prologo che, citando Superman, mostra l’arrivo sulla Terra delle capsule spaziali di due bimbi (uno verrà tirato su in una buona famiglia, diventando bello, forte, amato da tutti e un po’ spocchioso; l’altro atterra in un carcere crescendo con la fissa del Male e delle strambe invenzioni ma sarà sistematicamente umiliato dal rivale) assistiamo allo svolgimento di questo interessante pitch con Megamind che, eliminato casualmente Metro Man, sperimenta il vuoto e la monotonia dovuta all’improvvisa libertà piovutagli addosso.

Lasciando da parte trama e un paio di esilaranti colpi di scena, concentriamoci su questa nuova fatica Dreamworks diretta da Tom McGrath, animatore che in passato ha firmato regia (e voci) della serie di Madagascar, e sorretta dal solito cast deluxe di doppiatori (Ferrell-Pitt-Fey) che non abbiamo però potuto apprezzare nella versione originale. Megamind, pur confondendo i ruoli, è una versione ‘mascherata’ (appunto…) e re-wind del Bildungsroman che vede l’eroe intraprendere il suo percorso di crescita e scoperta dell’identità dopo lo shock iniziale: l’agognata (?) sconfitta dell’odiato difensore di Metro City. Nonostante la consulenza alla scrittura di Justin Theroux e Ben Stiller, ci troviamo di fronte alla classica parabola del supereroe che alla fine ha bisogno di riannodare i fili in un buonismo ampiamente prevedibile e dove, grande mistero, tutto si conclude nel solito balletto finale – sulle note di Bad di Michael Jackson… I film di genere devono per forza terminare tutti così? Megamind è volutamente irresistibile (al contrario di Metro Man, bamboccione con ciuffo alla Elvis e mascellona) così come il suo factotum Minion, un pesciolino in vasca inserito nell’esoscheletro di un robot che sin dalla nascita protegge Megamind. Ma il personaggio meglio riuscito è quello della reporter oggetto del desiderio: taglio sbarazzino, indipendente e, non a caso, l’unica che nel corso della storia non subirà traiettorie di cambiamento, rimanendo salda ai suoi principi. Menzione d’onore per l’intermezzo del Padrino spaziale, uno dei tanti travestimenti di Megamind.

Pur in un 3D finalmente all’altezza che lo cataloga come l’Avatar dei film d’animazione, Megamind non sempre mantiene ciò che promette (”I film dei supereroi non saranno più gli stessi!”) e i momenti di maggiore ilarità – riferimenti all’America obamiana, dramma del privato di un super-eroe, frustrazione – verranno apprezzati più da un target adulto. Anche la colonna sonora, d’effetto ma scontata (i bambini sanno chi sono AC/DC, Ozzy e i Guns’?) strizza l’occhio a un target di non soli giovanissimi. In sintesi, un piccolo gioiellino, nell’art design e a livello tecnico, e peccato che si divida sempre il mondo in buoni ‘cattivi’ e cattivi ‘buoni’, la solfa dello Yin e Yang, ecc. Però insegna anche che è difficile scegliere il destino per cui si è portati e a volte il vero nemico non è sempre quello in tuta e mantello, ma anche la routine di tutti i giorni o, per chi deve difendere il mondo, la sua nostalgica mancanza. Farlo attraverso il cartoon natalizio di turno non è cosa banale.

Curiosità
Molte le ‘citazioni presenti: dal beffardo “No you can’t” con l’immagine di Megamind versione Obama a una vasta filmografia, recente e non. Oltre a Superman, si riconoscono facilmente la distruzione del museo di Joker in Batman, Citizen Kane e lo stesso Megamind – blu e dal testone enorme, tutto vestito in latex – sembra uscito dalla galleria dei freak di Tim Burton.

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