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Un noir dal sapore vintage

Un noir dal sapore vintage

Con questo ruolo che sembra cucitogli addosso, possiamo confermare ufficialmente Casey Affleck come un nuovo “cattivo” (ma veramente cattivo) del grande schermo. Il suo sguardo a metà tra il cinico e lo smarrito ci aveva già sorpreso in L’assassinio di Jesse James al fianco di Brad Pitt, film di cui, alla fine, Casey divenne il vero protagonista. Non è un caso se Michael Winterbottom, da sempre affascinato dalle atmosfere torbide, lo ha scelto per affidargli un ruolo essenziale ma di certo non semplice: quello del cattivo senza sfumature, del killer spietato, lucido e fermo, i cui omicidi non sono altro che soluzioni finali a risoluti ragionamenti, privi di alternative possibili.

Lou Ford uccide per necessità: ogni volta che qualcuno si accorge del suo segreto, ovvero della sua incontenibile cattiveria, è “costretto” a farlo fuori; il suo impulso a distruggere sembra, realisticamente, sgorgare in modo naturale ed inevitabile. Vittime del vortice perverso sono due ragazze che lo amano profondamente: la sensualissima Jessica Alba (Joyce), che incarna quella parte d’America a cui non è stata data alcuna possibilità, e il suo opposto, una bravissima Kate Hudson (Amy), ragazza perbene che, a ben guardare, non è così distante dalla sua rivale in amore. Entrambe infatti instaurano con Lou un rapporto morboso, in cui l’erotismo non è mai scisso dalla violenza. Entrambe gli rivolgono un ultimo sguardo stupito, mentre lui le massacra. E questo non è un caso: il chiaro intento del film è raccontare come la follia cammini al fianco della normalità quotidianamente in un intreccio invisibile, e di quanto la perversione si nasconda dietro ai sorrisi di cortesia e agli abitini di elegante fattura, dietro alle finestre con le tendine ricamate, dietro agli autoradio in funzione. In una provincia americana senza storia. Ma mentre nel breve romanzo originale, stracult della narrativa americana nichilista degli anni Cinquanta, lo scrittore Jim Thompson offriva una pur minima motivazione della crudeltà di Lou (il rapporto con Joyce risveglia il suo trauma relativo a violenze subite da bambino), nel film non sembrano esserci motivazioni sufficienti.

Il risultato è una rappresentazione della violenza più gratuita possibile, che difficilmente può risultare digeribile al grande pubblico e con qualche eccesso di troppo, che in più d’una occasione rischia di degenerare nel ridicolo. Salvo riprendersi completamente nel finale, teatrale e ingiustificabile, perfetto compimento di una parabola senza speranza.

Curiosità
Jim Thompson, autore del romanzo da cui è stato tratto anche un film diretto da Burt Kennedy nel 1976, è stato sceneggiatore per Stanley Kubrick; dai suoi soggetti sono stati tratti importanti film come The Getaway di Sam Peckimpah e Colpo di spugna di Bertrand Tavernier.

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