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cultura dell'immagine e della parola

Un alieno a Roma: giorno 2

Oggi mi sono intrufolato grazie al mio generatore laser per l’invisibilità in una sala dove oltre agli umani italiani c’erano anche individui di un’altra stirpe: giapponesi, così si chiamano. Tra questi una piccola donna, di aspetto un po’ buffo e dal piglio tranquillo: Teruyo Nogami. Questa è in realtà una personalità importante nel mondo del cinema. Per anni è stata infatti la segretaria di edizione di Akira Kurosawa, che secondo i miei dati è forse il capostipite della dinastia cinematografica del Giappone.

È stato proiettato un suo film del 1950: Rashomon. Peccato non siano stati i molti a vederlo. Perché, secondo i miei studi, le sue tematiche, purchè legate alla tradizione giapponese, rimangono molto attuali. Infatti la storia parla della menzogna, della debolezza umana che rende l’individuo incline a mentire. E c’è chi mente senza sapere di farlo, perché non vuole difendersi dagli altri, ma soprattutto da se stesso.

Questo l’ha ripetuto un importante uomo italiano, il critico cinematografico Goffredo Fofi, che ha spiegato come nel film a trionfare su ogni nefandezza umana ci sia la carità, dopo un mare di menzogne.
Io guardavo la porta diroccata presente nel film è ho capito una cosa, e mi chiedo davvero se gli umani abbiano compreso: secondo me è il simbolo di una civiltà sfasciata, distrutta a metà e bagnata da una pioggia incessante. Era il 1950, solo cinque anni dopo il conflitto terrestre che aveva sconvolto l’intera umanità e Akira Kurosawa vinse il Leone d’Oro a Venezia.

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