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L’avidità è giusta?

L'avidità è giusta?

“L’avidità è giusta”. Così recitava Michael Douglas, premio Oscar per l’interpretazione Gordon Gekko in Wall Street, uno dei massimi lavori di Oliver Stone sul sistema e il potere finanziario. Dopo 23 anni i due tornano a lavorare per il sequel (il primo di Stone),

Da Alexander a World Trade Center fino a W., (escludendo i documentari, da Persona non grata a South of the Border, che rimangono straordinari), per Stone negli ultimi anni è indubbiamente avvenuta una flessione. Non c’è più quella cattiveria e polemica narrativa, quei marchi di stile, che lo hanno consacrato tra gli autori più discussi e di talento. Manca il potere descrittivo e incisivo. Forse è venuto meno il coraggio di indagine (ricordiamo JFK o Platoon). Sta di fatto che anche in questo caso la pellicola tende a sconfinare in una sorta di melodramma indigesto e inverosimile, e molto poco in un’analisi approfondita. Stone fatica a convincere, forse perché più che ragionare in concreto sul mercato globale di oggi, punta su chiavi di lettura diverse, decidendo di raccontare l’individualità, addirittura il concetto stesso di famiglia, per cercare di comprendere al meglio quel malessere della massa, il disastro globale. Gekko poi non aggredisce, non ruggisce come sa, si umanizza, è più sensibile ai sentimenti, incapace di far davvero male, risultando per alcuni momenti anche un po’ grottesco e farsesco. Alla fine di tutto per lui sarà più importante riavvicinarsi alla figlia che prevalere sul “sistema”.

Michael Douglas di contro, è sempre accattivante in questo ruolo, anche se meno memorabile del primo, ma largamente superiore ad uno Shia LaBeouf inespressivo, e ben lontano dal Bud – Charlie Sheen fine anni Ottanta (qui per qualche minuto in un cammeo). Questo Gekko che dispensa meno perle e appare eccessivamente buonista, piace sicuramente meno rispetto al cinico e lucido personaggio che fece luce su mondi (finanziari e di business) un tempo incomprensibili e poco esplorati. Nella realtà di oggi (soprattutto quella di Wall Street) a volte non sono permessi né troppi sentimentalismi, né eccessivi errori. Molto è cambiato (anche in peggio), non la musica dei Talking Heads che ci avvolge nel finale.

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