Aspetta e spera
Venezia, 6 settembre
Appena terminato il film di Vincent Gallo, Promises Written in Water, un tipo presente in sala esclama: «E meno male! A Vincenzo, ma vai a lavorare col carretto!». Non so se io sarei riuscito ad essere così esaustivo, ma la critica a caldo del signore mi ha convinto. E difficilmente mi sposterò da questa posizione. Il film di Gallo (montato, scritto, diretto, musicato e interpretato da Gallo) mi è parso troppo sfacciatamente sperimentale e vanitoso per partecipare al Concorso. Più in generale mi pare inutile un’operazione di questo tipo, masturbatoria all’eccesso e per nulla provocatoria come vorrebbe essere.
Ma forse sono io che prediligo altri tipi di cinema.
Come, ad esempio, quello del cinese Wang Bing che ha firmato Il fosso, film a sorpresa di quest’anno (bhé dai, questo era tra le nomination) che racconta sul finire degli anni cinquanta la drammatica vicenda di un gruppo di contadini condannati dal governo cinese ai campi di concentramento nel mezzo del Deserto del Gobi a causa di attività passate, critiche al Comunismo, provenienza sociale. Una storia pazzesca, la macchina da presa che si insinua dentro e sotto terra e, soprattutto, la necessità di mettere sul grande schermo la storia vera di uomini che hanno sofferto e lottato contro le ingiustizie del regime. Il fosso si aggiunge così al filone dei film di sopravvivenza visti in questi giorni (Essential Killing in maniera più evidente, ma anche Meek’s Cutoff, Potiche, Naomi e Post Mortem più trasversalmente).
Meno impegnato, ma comunque aderente alla realtà, con un ritmo incalzante e appassionante, e vicino al discorso sulla sopravvivenza è pure Vallanzasca: gli angeli del male, di Michele Placido (Fuori concorso). Le ottime interpretazioni di Kim Rossi Stuart, che interpreta il bandito sfacciato della Comasina, e Filippo Timi, un suo amico, e alcune buone soluzioni di regia controbilanciano la struttura di un film, sostanzialmente, a senso unico. Il limite più grande del “bel Renè” di Placido consiste nel fatto che non si tratta di un personaggio sfumato, ma esclusivamente affascinante e simpatico. Operazione rischiosa? Non credo, anzi. Operazione piuttosto appassionata, modaiola al punto giusto, nella direzione di Romanzo criminale. Certamente non in quella de Il grande sogno.
Dalla Svezia convince l’opera prima di Pernilla August, Beyond, inserito nel concorso della Settimana della Critica, con l’attrice Noomi Rapace della saga Millenium. Il film racconta la storia di Leena, moglie e mamma poco più che trentenne, che rincontra sua madre dopo tanti anni di separazione forzata e inevitabile. La August alterna presente e passato portando a galla progressivamente i motivi della separazione.
Ma il film che, probabilmente, finora, è il mio preferito è Cirkus Columbia di Danis Tanovic, regista bosniaco premio Oscar per No Man’s Land. Questo e Post Mortem sono i miei preferiti. Il racconto del film di Tanovic si sviluppa durante la vigilia della Guerra nella ex Jugoslavia e si dipana dentro un fitto sistema di relazioni che come le atmosfere risultano presto romantiche e surreali. Un film che spinge a riflettere sull’importanza del dialogo come prima forma di comunicazione e come primo tentativo per diminuire le distanza tra gli essere umani. Il film è stato inserito nelle Giornate degli Autori (perché già presentato a Sarajevo). Troverà un distributore italiano? Aspetto e spero (facendo stretching).
A cura di Matteo Mazza
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