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cultura dell'immagine e della parola

L’altra Venezia:
Turturro

John Turturro in PassioneLo sguardo del cinema italiano, da sempre, si rivolge a Napoli come ad uno dei suoi set preferiti, ma anche come ad un evergreen delle fonti d’ispirazione, sia che se ne dipinga un’oleografia, sia che ci si voglia di tanto in tanto sporcare le mani con qualche cosa di “tosto”, di certificata efficacia. Poi, qualche volta, avvengono dei piccoli miracoli, che ci ricordano una delle funzioni primarie del cinema, ovvero quello di veicolare, raccontare e trasmettere, non un amore, ma una vera e propria Passione. Non poteva che essere questo il titolo che John Turturro, l’attore e regista americano di origini pugliesi, ha dato alla sua “avventura musicale” tutta dedicata alla canzone napoletana, un brevissimo excursus dai grandi e antichi classici sino alle contaminazioni cosiddette “newpolitane”.

Dall’indimenticabile numero di Kate Winslet in Romance & Cigarettes, alla tournée internazionale teatrale di Questi fantasmi! di Eduardo, Turturro (soprannominato “Giuà”, Giovanni, nei titoli di coda), ha definitivamente deciso di adottare e farsi adottare culturalmente dalla città, che descrive attraverso le note con un amore ed un interesse che, senza dubbio, non riesce più ad appartenere ad ampia parte dei napoletani stessi, ma che invece si risveglia voracemente dall’esterno: “Ci sono città da cui si va e si viene, città che si vedono una volta sola, e poi c’è Napoli”. Così ha il via una serie di mini-videoclip, ciascuno riscopre una canzone napoletana, tanto la classica Malafemmena di Totò quanto la contemporanea [/
italic]Nun te scurdà degli Almamegretta, in una veste originalissima, frizzante, esplosioni di vita e di musica capaci di dimostrare quanto dei capolavori, se maneggiati dalle giuste mani, siano in grado di offrire ancora e sempre qualcosa di nuovo. E Turturro, in veste di regista, forse non è mai stato così bravo. Impossibile raccomandare questo o quel pezzo, ad esempio lo “stomp” di “Quanno mammeta t’ha fatt”, girato nell’antichissimo Palazzo dello Spagnuolo, nel quartiere Sanità, sede proprio della piéce eduardiana interpretata da Turturro, è una rivisitazione straordinaria ed emozionante.

Ed i volti, i cantanti (Raiz, Cosmo Parlato, Peppe Barra, Massimo Ranieri, Lina Sastri, persino il trans neomelodico Valentina e molti altri) sono autentici e rifuggono qualsiasi stereotipo. Certo, non è del tutto chiaro come mai sia stato scelto in massima parte soltanto il centro storico della città come location, e con quali criteri siano stati selezionati i pezzi da proporre (il film è co-sceneggiato dal critico musicale de Il Mattino Federico Vacalebre, che ha guidato il regista in questo viaggio). Ma si sa, secoli di storia sia musicale che antropologica non si possono condensare, una scrematura è necessaria e “Passione” persegue il suo obiettivo eludendo il pericolo di lungaggini. Una vera e propria perla fuori concorso in questa 67° Mostra finora con poche emozioni profonde, da non perdere; il film uscirà ad ottobre nelle sale italiane.

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