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Los Angeles Solo

Los Angeles Solo

Il nuovo film del trentasettenne Joe Wright racconta una storia vera, tratta dal libro di Steve Lopez, il cui ruolo è stato affidato nella finzione a Robert Downey Jr. Questi in preda a una crisi personale e lavorativa, è in cerca di una “storia maledettamente buona”, quasi un’inutile odissea finché non incontra un vagabondo afroamericano (interpretato da Jamie Foxx), che con trasporto suona un violino a cui rimangono solo due corde. A volte dicono bisogna toccare il fondo per iniziare a risalire, ed è così che le prime scene ci offrono una sonora caduta dalla bici del giornalista, che si ritrova spesso in ospedale o per un motivo o per l’altro a scivolare o a essere coperto d’urina. Non è decisamente uno di quegli uomini che direbbero di sè: “Io sto bene con me stesso”.

Le interpretazioni sia di Jamie Foxx che di Robert Downey Jr. sono azzeccate, Jamie riesce bene a incarnare il personaggio di uno schizofrenico, a tratti folle e violento, a volte naif e fanciullesco. Robert Downey Jr. invece, dopo il blockbuster Iron Man 2e la figura di uno strano Sherlock Holmes bohemien e cinico, si traveste da giornalista in crisi, un uomo impaurito dai legami, eppure solo. Se all’inizio il buio domina nel vuoto della casa di Steve ed è contrapposto al frastuono e agli ambienti luminosi e frequentati del lavoro e della città, pian piano le atmosfere si fanno più calde. La fotografia di Los Angeles è insolita e suggestiva. Spesso infatti le riprese volano tra le intricate trame di strade, case o campi arati, dal basso fino in alto come il volo di un gabbiano, che si libra dalle profonde gallerie trafficate a ritmo di musica classica. E la musica rimane quasi sola in una lunga sequenza di lampi di luce e colore su uno sfondo nero, dove ondeggiano sinuosamente rossi, blu, gialli e verdi mescolati e alternati l’uno all’altro seguendo il ritmo delle note. Una sperimentazione forse troppo ardita e di dubbio risultato. Inquietante invece, e ironicamente tragica, la scena in cui un ancor ragazzino Ayers è rapito dalle fiamme delle note del suo violoncello, mentre il suo volto nel buio di uno scantinato è illuminato dagli sprazzi grotteschi del lambire del fuoco.

L’ambiente del ghetto di vagabondi a Los Angeles lascia spazio a immagini mosse e confuse, con montaggi veloci a sottolineare l’intrico di “anime perdute”, attori non professionisti presi direttamente dalla strada. Per impersonare un vero vagabondo, perfino l’attore Jamie Foxx ha deciso di farsi letteralmente scalpellare i denti per avere un aspetto più realistico. Joe Wright, dopo le saghe d’altri tempi di Espiazione e Orgoglio e pregiudizio, convince ancor di più con la sua descrizione della contemporaneità, liberandosi degli stilemi “romantici” e lasciandosi cullare dalla musica e da nuove prospettive.

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