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Una Stoccolma cupa e sonnolenta

“È nostro dovere prendere le decisioni che altri non hanno il coraggio di prendere”.

Il motto dell’organizzazione facente capo alla Säpo, ovvero alla polizia segreta svedese, riecheggia tra le pareti della stanza dove si decide il destino di Lisbeth. La sfortunata figlia di Zala, un rifugiato politico russo dedito ad attività criminose, rischia la vita per aver portato allo scoperto i reati compiuti dal padre e degli agenti suoi complici. Questi ultimi hanno segnato la vita della ragazza sin da bambina, facendola internare in un istituto psichiatrico e affidandole un tutore connivente anche una volta uscita. Nel terzo volume della saga la giovane lotta perché la giustizia riconosca i soprusi da lei subiti e punisca i colpevoli. Peccato che la famigerata Sezione artefice dei misfatti sia però poco più che un fantasma nel nuovo film tratto dalla trilogia Millennium, che costituisce il triste epilogo di un progetto partito bene e naufragato in itinere.

La regina dei castelli di carta doveva essere per Larsson un mezzo per rendere compiuta la vicenda della Salander, non un addio definitivo alle proprie creature di carta. Il progetto iniziale prevedeva infatti una saga suddivisa in dieci capitoli, idea ambiziosa interrotta dalla prematura morte dello scrittore. Il triste evento non ha però lasciato interrogativi in sospeso riguardo alla storia di Lisbeth. Il romanziere offre uno spaccato della società svedese che s’innesta sulle vicende dei protagonisti e le rende complete. A ciò si aggiunge la descrizione della vita nelle redazioni dei giornali: la ricerca delle fonti e l’esperienza della minaccia, cioé fattori di carattere spiccatamente autobiografico. Non meno importante è il profondo amore di Larsson per la sua Stoccolma, elemento vivo e partecipe, non certo un mero sfondo. Il microcosmo larssoniano è l’opposto di un castello di carte: un puzzle da mille pezzi in cui ogni tassello s’incastra perfettamente. Questa ricchezza si è perduta nel tentativo di semplificare gli eventi e ridurli a una lotta tra tiranni e oppressi. Questo è il principale errore compiuto da Daniel Alfredson nel tradurre in immagini il testo: la frettolosa trattazione degli intrighi e la dilatazione della parte processuale.

Alla versione cinematografica manca il background non per quanto riguarda l’ossatura generale della trama, ma per l’assenza di contestualizzazione dei personaggi e delle situazioni. Non potendo prescindere dalle vicende governative in cui si trova invischiata l’eroina, si è scelto di raccontarle in maniera essenziale e di concentrarsi su di un unico vero cattivo: il dottor Teleborian. Quest’ultimo è reso in maniera conforme al proprio alter-ego letterario, cioè come un essere viscido e privo di nerbo. Tuttavia, se Anders Ahlbom rappresenta in maniera credibile l’aguzzino della hacker, non si può dire altrettanto degli altri personaggi che gravitano intorno alla protagonista. Là dove c’era spessore psicologico, c’è piattezza; dove vi era una complicata storia personale, c’è il vuoto narrativo. L’evoluzione della trama è lenta e poco incisiva ad eccezione di qualche sporadica scena e la sceneggiatura tralascia alcuni dettagli importanti, tratteggiando sbrigativamente i meccanismi spionistici e della polizia. Il regista sceglie poi di ignorare ancora una volta le relazioni sentimentali di Blomkvist (Figuerola è una comparsa) e di concentrarsi sulle atmosfere cupe e soffocanti. I colori scuri si sposano bene con l’anima dark della protagonista ma non rendono più suggestiva l’ambientazione e anzi aumentano il carattere soporifero del pellicola. Per come si è scelto [img4]di affrontare la vicenda, due ore mezza sono decisamente troppe, specialmente se il copione impone alla protagonista di rimanere ancorata prima ad un letto d’ospedale e poi all’aula del tribunale. Noomi Rapace rimane l’unico punto fermo in questo tris di thriller in salsa nordica che verrà presto ripreso da David Fincher. Il regista statunitense sta infatti progettando una nuova e forse più curata versione della saga scandinava. C’è da scommettere che dopo il fortunato caso di Zodiac non avrà problemi a portare sullo schermo i metodi del giornalismo investigativo; speriamo sia anche abbastanza abile da non tralasciare le numerose vicende legate ai personaggi-chiave, fondamentali nell’universo creato dallo scrittore.

La regina dei castelli di carta, romanzo di Stieg Larsson
La regina dei castelli di carta, film di Daniel Alfredson

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