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Un’evanescente giostra di cuori finti

Un’evanescente giostra di cuori finti

Sono tante le ragioni per cui Appuntamento con l’amore non colpisce nel segno. Prendiamo in esame la sceneggiatura. Tanti personaggi, troppi. Senza distinzione fra le figure di spicco e quelle di secondo piano: non facciamo in tempo a sintonizzarci sulle vicende di quelli principali che immediatamente una folla di personaggi secondari sbuca da ogni dove, generando pura confusione e sovrapponendo l’umorismo inconsistente di vuoti scambi di battute e gag improbabili a quello leggero e brillante che sarebbe potuto scaturire da situazioni più verosimili e meglio architettate. La comicità peraltro non brilla né per originalità né per eleganza, e le cadute di stile sono parecchie. I personaggi dall’inizio alla fine restano per il pubblico degli sconosciuti: non scatta l’empatia verso di loro e, quel che è peggio, il film resta arido di emozioni e sentimenti.

Paradossalmente una pellicola piena zeppa di cuori d’ogni tipo e dimensione non ci fa provare né attesa né suspense né commozione né tristezza né felicità. Ci annoia, riproducendo stereotipi e banalità d’ogni sorta e mettendo in scena personaggi-pupazzi che mostrano solo le modulazioni della stupidità umana. Quando si pretende che ogni scena faccia ridere, nessuna scena risulta più divertente. Il film si presenta come un flusso ininterrotto di siparietti e non c’è vera trama. Così come non ci sono sorprese e colpi di scena: solo per fare un esempio, ce l’aspettiamo fin dall’inizio che i due migliori amici, il fiorista e la maestra, nascondano nel loro inconscio non così misterioso un’attrazione reciproca che sale in superficie solo nelle ultime scene del film. Se prendiamo poi in considerazione l’aspetto più espressamente visivo di Valentine’s Day, non resta che notare un sovraccarico di rosa, di rosso e di zucchero sparsi un po’ ovunque. Dalle magliette rosa confetto dei fioristi, alle distese di fiori al mercato, ai mazzi di fiori disseminati qua e là, ai petali di rose rigorosamente scarlatte sparsi sul pavimento di una camera, a un’automobile fucsia, a un cuore di plastica che cammina, al leccalecca a forma di cuore distribuito in aereo, ai biglietti-collage realizzati da un bambino di scuola elementare che regala a una compagna una dozzina di rose rosse, per non dimenticare regali confezionati in carte rigorosamente fucsia e un enorme orso bianco di peluche dai dettagli rossi. Uno scenario che finisce per dare la nausea. Insomma, una grande giostra di balocchi insignificanti che dell’amore restituiscono solo un ricordo molto sbiadito e annacquato e che danno risalto alla commercializzazione dei sentimenti. Fin dalle prime scene il romanticismo lascia ampiamente spazio alle lenzuola e le parole “giorno di San Valentino”, “innamorato”, “amore” vengono ripetute con un ritmo incredibile fino a risultare del tutto inflazionate e prive di significato. Si sarebbe potuta sfruttare molto meglio l’opportunità di guardare da vicino le vicende rosa di bambini, adolescenti, trentenni, sessantenni, senza dare vita a un Carnevale che si tinge spesso di kitch e di trash non facendosi mancare niente, nemmeno la festa indiana.

Si chiude senza sviluppo né soddisfazione questo film la cui manchevolezza principale è stata probabilmente quella di non aver saputo scegliere con chiarezza la strada da seguire: stando in bilico fra un’inarrendevole desiderio di difendere il romanticismo a ogni costo e la tentazione ironica di voler prendere in giro la festa degli innamorati, la sceneggiatura non va da nessuna parte. Di San Valentino importa poco, peccato però che nel falò della festa siano stati bruciati anche i sentimenti.

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