hideout

cultura dell'immagine e della parola

Il triangolo dei sogni e il suo rovescio

Il triangolo dei sogni e il suo rovescio

Ogni anno, da quarant’anni, in posti come Compton, South Central e Inglewood vengono uccisi tra i 250 e i 500 afroamericani, principalmente in scontri per il territorio tra membri delle due gang più numerose: i Bloods e i Crips. Si tratta di uno dei conflitti mai dichiarati più sanguinosi al mondo eppure ha smesso di fare notizia molto tempo fa. Derubricato dalla maggioranza degli abitanti di L.A. come un pensiero sgradevole con cui convivere tipo quello del mutuo, per l’amministrazione locale è stato semplice lavarsene le mani addossando la responsabilità all’endemica incapacità della comunità nera di convivere pacificamente. Un evidente pregiudizio razziale che nasconde una verità diversa, quella su cui tenta di fare luce il film di Stacey Peralta, anni orsono uno dei primi pro-skater della storia, oggi apprezzato e brillante documentarista.

Se la versione dei fatti che passa l’establishment politico californiano suona più o meno così: “a questa gente abbiamo dato tutto per vivere al meglio, che possiamo farci se si sparano addosso per ragioni indegne di essere razionali?”, Peralta cerca una differente lettura, incrociando indagine storica e reportage sul campo, interviste e materiali d’archivio. Quel che ne esce racconta una vicenda di razzismo, segregazioni mai del tutto terminate e promesse mai del tutto mantenute. Una storia che ha radici nello schiavismo e prosegue con il dopoguerra, quando molti afroamericani si spinsero nelle grandi città, sedotti da promesse di occupazione e benessere che si rivelarono evanescenti nel giro di nemmeno un decennio. Ghettizzate all’interno di poche aree pianificate, soggette a impoverimento e disoccupazione crescente, negli anni Sessanta le comunità nere di Los Angeles cercarono di trovare un terreno (a volte pacifico, a volte meno) su cui instaurare una dialettica con il macrocosmo sociale bianco che li cooptava. Come andò a finire è cosa nota, anche se non dovrebbe smettere di sbigottire: nel giro di pochi mesi, in un clima di totale indifferenza e connivenza da parte della “cosidetta società civile”, tutti gli esponenti politici del polo dialettico nero (Malcolm X, Martin Luther King, Huey P. Newton e altri leader delle Pantere Nere) furono sistematicamente tolti di mezzo tramite una serie di arresti e/o esecuzioni mirate che Peralta rappresenta telegraficamente in una delle scene più riuscite del suo film.

Ogni possibilità di costruire una consapevolezza nera venne così letteralmente sbriciolata nel pugno di personaggi come Edgar J. Hoover (capo della CIA all’epoca) e gli anni Settanta si aprirono su una comunità ormai priva di guida, autocoscienza e opportunità; incapace di concepire un esistenza diversa dalla mera sopravvivenza “dog-eat-dog”. Fu così che arrivarono le armi, le gang, la droga e il definitivo frazionamento di quella che era un’identità in potenza cui non si è mai davvero concesso l’opportunità di costituirsi. Questa è la versione di Peralta: Blood Vs Crips? Bianca farina del sacco americano.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»