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Quando il cinema brucia l’anima

Quando il cinema brucia l'anima

Un film durato cinque anni. Tanto ci ha messo Marco Chiarini, teramese, laureato all’Accademia delle Belle Arti di Urbino (una delle migliori scuole italiane per l’animazione) e diplomato al Centro Sperimentale di Roma, per riuscire a realizzare il suo primo lungometraggio. Un’avventura nata nel 2005 quando, fresco di titolo di studio, si rese conto che in Italia è assai difficile lavorare nel cinema. Decise allora di tentare la carta dell’indipendenza e realizzare un film in proprio per farsi notare. Si impegna, scrive, disegna, trova collaboratori e sceglie di partire da ciò che conosce meglio: la sua campagna abruzzese. Il risultato è un piccolo film che racconta la storia più grande di tutti i tempi: la trasformazione di un bambino in un adolescente. Quel misterioso passaggio in cui la fantasia e la realtà si fondono insieme, quando gli amici immaginari smettono di essere reali e la vita diventa meno bella, meno spensierata, ma anche più consapevole e più complicata. Definito il Tim Burton italiano per l’uso di effetti speciali artigianali ma efficaci (forse in questo più simile a Micheal Gondry), Chiarini dimostra che “fare il cinema”, se sorretto da una buona storia e da grande passione, è assolutamente possibile. Anche la produzione richiama metodologie efficaci, ma usate più all’estero che da noi in Italia: per trovare i fondi necessari a partire con la lavorazione, tutti i bozzetti preparatori, molto nutriti perché riproducenti la fantasia di un bambino, sono stati raccolti in un libro e venduti.

Nel frattempo il film inizia a diventare realtà, si inizia a girare, si trova anche un attore di richiamo per il ruolo del padre di Simone (doveva essere Zingaretti, ma poi ha accettato Pannofino) e la ricerca dell’UF (Uomo Fiammifero, chiamato così anche nel film) rappresentata su carta passa a vivere sulla pellicola. Si danno vita ai personaggi immaginari e reali, e tutto il girato viene finito. Inizia la post produzione fatta di disegni che si animano sullo schermo con maiali che volano, itinerari tridimensionali, alberi e casolari che prendono vita, sovratitoli. La pratica del cinema, si fonde con la sua carica emotiva e il film immaginato si trasforma in realtà. Un successo insperato con i bambini del Giffoni entusiasti, e decine di altri premi in giro per il mondo. Vedere il film è un’emozione inimmaginabile, tra momenti di durezza e di grande commozione.

Se ne accorgeranno anche a Cinecittà? Per adesso sembra di no, visto che L’uomo fiammifero, nominato al David come miglior opera prima e per i migliori effetti speciali (premio perso, sembra, per soli 16 voti) non ha una distribuzione ufficiale e viene proiettato grazie alla Social distribution. Sono gli spettatori che propongono al proprio esercente di fiducia di mettere in cartellone L’uomo fiammifero in cambio di una percentuale sugli incassi (www.socialdistribution.org). Ma come il padre del piccolo Simone scopre sulla sua pelle, anche i sogni più impossibili, possono diventare realtà.

Curiosità
Il film, in quanto ricco di effetti speciali, necessitava di essere doppiato. Visto che tra il set e il doppiaggio è passato necessariamente (per motivi produttivi ed economici) molto tempo, tutti gli attori bambini nel frattempo erano cresciuti e le loro voci non sarebbero state adatte ai personaggi. Per questo motivo ognuno di loro è stato doppiato con altre voci.

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